“Io sono innocente. Non ho mai fatto del male a Serena Mollicone, né so nulla sulla sua morte, respingo ogni accusa. La mattina del 1° giugno non l’ho vista né in caserma né in altre parti, non è venuta mai a cercarmi in caserma, il brigadiere Santino Tuzi non mi ha telefonato dalla caserma a casa mia e non mi ha avvisato di nulla. Dice una menzogna (Tuzi) o si sbaglia quando dice di aver parlato con me. Preciso che ero presente al funerale di Serena, ed ancora in vita mia ho commesso degli errori e ho dato molti problemi alla mia famiglia, a mio padre e di questo ho chiesto scusa a loro come giusto che sia. Abbiamo fiducia nella giustizia, per il resto parleremo con i giudici, non chiedetemi nulla, per ogni eventuale domanda parlate con l’avvocato, il professore e il portavoce del pool (coordinato dal criminologo Carmelo Lavorino)”.
Sono le parole pronunciate dall’ex maresciallo dei Carabinieri di Arce Franco Mottola durante la conferenza stampa convocata dal militare e dal suo avvocato. Mottola, il figlio Marco, la moglie Anna Maria e il maresciallo Vincenzo Quatrale, lo ricordiamo, sono stati rinviati a giudizio dalla procura di Cassino nell’ambito dell’inchiesta sull’omicidio di Serena Mollicone commesso il 1° giugno 2001 ad Arce in provincia di Frosinone. Mottola respinge ogni accusa a poche ore dall’udienza preliminare che si terrà il 15 gennaio prossimo, data nella quale il Gup Domenico Di Croce dovrà decidere se rinviare a giudizio i Mottola, e Quatrale (accusati di concorso nell’omicidio) e l’appuntato Francesco Suprano (accusato di favoreggiamento).
Il delitto di Serena Mollicone, dopo 19 anni, torna prepotentemente alla ribalta dopo che gli accertamenti dei Ris avevano confermato che le ferite di Serena, il cui corpo era stato riesumato il 22 marzo 2016, erano compatibili con la porta della caserma dei Carabinieri e solo successivamente il corpo della giovane ragazza sarebbe stato portato nel boschetto di Fonte Cupa (oggi Fonte Serena) ad Anitrella, località a pochi chilometri da Arce.
La super-perizia di 250 pagine della Professoressa Cristina Cattaneo, l’anatomopatologa che ha guidato i rilievi sulla salma della ragazza, ha consentito di collegare la morte di Serena e il presunto luogo del rinvenimento del cadavere: per la Cattaneo esiste una potenziale correlazione tra il trauma cranico di Serena e l’ammaccatura di una delle porte della caserma di Via Valle. Sempre la Cattaneo, sulla sua relazione medico-scientifica, ha asserito di un “mancato svolgimento di esami fondamentali nei primi accertamenti medico-legali” ed ha evidenziato la “scomparsa” di fondamentali elementi autoptici (parte dell’apparato genitale, dell’ano e lesioni del cranio) che sarebbe stati di ausilio per fare luce sulla dinamica dei fatti (l’ora della morte per esempio).
Quest’ultimo aspetto lascia ancora oggi molti dubbi sull’autenticità delle indagini svolte 19 anni or sono ma il riscontro della Cattaneo, medico con un lunghissimo curriculum di incarichi prestigiosi, sulla relazione trauma cranico-porta della caserma, ricorda tra gli “addetti ai lavori” il cosiddetto principio di “interscambio” di Edmond Locard che prevede che se una persona viene in contatto con un oggetto o con un’altra persona vi è uno scambio, lascerà qualcosa e porterà su di sé qualcosa di quel contatto.
Mercoledì 15 gennaio sapremo cosa avrà deciso il giudice per l’udienza preliminare sull’ex comandante della stazione dell’Arma Mottola e se verrà fatta giustizia sulla povera Serena Mollicone.
Ubaldo Marangio