Si stanno rincorrendo in questi giorni due notizie che hanno come soggetto Matteo Salvini, nome che da anni (non troppi, in realtà) coincide con il partito politico della Lega Nord. La prima di queste notizie fa riferimento ad un evento delle ultime ore: a quanto pare, l’ex ministro dell’Interno sarebbe andato a citofonare (con annessa scorta di forze dell’ordine) a casa di alcuni residenti del quartiere Pilastro di Bologna, noto per il traffico di droga, e, citofonando alla porta di un uomo tunisino, avrebbe posto la seguente domanda: «Lei spaccia?».
Alla vicenda sono succedute numerose polemiche e il dubbio tragicamente lecito della legittimità di tale atto e di tale accusa, ormai pubblica. I social, molto più della stampa, sono diventati “veicolatori” di informazioni, che talvolta pur non essendo assolutamente confermate, divengono ritenute da molti vere. Contro il leader del Carroccio è intervenuta anche l’assemblea parlamentare tunisina, la quale, tramite un suo esponente, ha sottolineato lo sgomento per l’accaduto e ha rimarcato «Anche se un parente di questa famiglia ha avuto precedenti penali, questo non giustifica una tale campagna di odio. Chi sbaglia deve pagare, ma non possiamo tollerare il discredito sull’intera comunità tunisina che è sana e lavoratrice».
Ma a destare scalpore non è stata solamente questa notizia. Risale, infatti, alla scorsa domenica il tweet di Salvini che, nel tentativo di difendere le donne, ha virato verso una misoginia latente.
Il tweet è chiaramente indirizzato ai testi del partecipante a Sanremo 2020, il rapper Junior Cally, accusato di voler istigare tramite la sua musica alla violenza sulle donne. Il messaggio del leader leghista su Twitter, tuttavia, non è passato inosservato non soltanto da chi da sempre non condivide le sue idee, ma anche e soprattutto dalle sue seguaci, che leggendolo si sono sentite offese.
Il significato apprezzabile del primo periodo grammaticale viene totalmente ribaltato dalla frase seguente. Nessun odio è legittimato. Nessuno. Né a reti unificate, né dentro lo spazio ristretto di una singola stanza. Non si denigrano le donne in strada, in Rai o a casa propria. Non le si violenta. Punto. Non lo si fa, perché è un crimine, perché è un’aggressione fisica e mentale, perché è immorale. Perché è disumano come qualunque altro danno causato ad una persona. Fine.
Attendiamo fiduciosi il dietrofront del leader leghista.
Anna Catalano