Lo Statuto dei Lavoratori ha compiuto da pochi giorni 50 anni. Il 20 maggio del 1970 prendeva vita la Legge 300, uno degli interventi legislativi più importanti realizzati in Italia in materia di diritto del lavoro, frutto anche di un contesto sociale fatto di imponenti manifestazioni di piazza sfociate nell’Autunno caldo della fine degli anni Sessanta. La ratio della legge era di garantire il rispetto della libertà e della dignità del lavoratore e di tutelare l’attività sindacale in uno scenario economico, sociale e politico dominato dallo schema fordista. La fabbrica era l’ambiente centrale nel contesto lavorativo ma oggi molte cose sono cambiate.
“In questi 50 anni, lo Statuto ha subito alcune modifiche, si pensi alla revisione dell’articolo 18, ma il suoi impianto di fondo è rimasto lo stesso. Mostra il segno del tempo – spiega Isabella Covili Faggioli, Presidente Aidp- Associazione Italiana Direttori del Personale, network di 17.500 membri, oltre 3000 Soci attivi, 16 gruppi regionali, una rete internazionale che dal 1960 è impegnata a promuovere uno sviluppo responsabile della cultura manageriale in ambito risorse umane.
Oggi, mentre celebriamo il suo valore, anche simbolico, contestualmente riconosciamo l’esigenza di una sua riforma tesa a proiettare la Statuto nel futuro. E’ l’ora di pensare ad un Nuovo Statuto di tutti i lavoratori calato in un contesto profondamente cambiato da quello delle origini. Si pensi alla polarizzazione del mercato del lavoro tra iper-tutelati e ipo-tutelati, agli impatti del progresso tecnologico sui processi produttivi, alla discontinuità lavorativa, all’arretramento dei corpi intermedi. Per queste ragioni Aidp, ribadendo il valore dello Statuto come perno dell’idea del lavoro e strumento di promozione della persona umana e dei suoi valori, propone alcune linee di rinnovamento e attualizzazione”.
Un’opinione ampiamente condivisa tra gli addetti ai lavori. Per oltre l’80% dei direttori del personale lo Statuto dei Lavoratori mostra i segni del tempo e il suo impianto generale andrebbe rinnovato. Solo il 15,87% lo lascerebbe così com’è. Tra gli articoli da riformulare e attualizzare al primo posto, per il 48,15% dei rispondenti, c’è l’articolo 4, ossia la disciplina relativa al controllo a distanza dei dipendenti. Segue l’articolo 18, per il 43,39%, relativo al tema del reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento per giusta causa; è necessaria poi la riforma dell’articolo 13 sul demansionamento per il 32,28% e l’ampliamento delle tutele al lavoro autonomo sempre per il 32,28%. Solo il 7,94% chiede una rivisitazione della norma sul diritto allo sciopero.
Le proposte di riforma formulate da Aidp riguardano diversi articoli dello statuto, primo tra questi il tanto contestato articolo 18. La riforma intervenuta con il Jobs Act ha modificato uno degli articoli simbolo dello Statuto sostituendo il reintegro nel posto di lavoro in caso di licenziamento illegittimo per giusta causa con un risarcimento di tipo economico. La Corte Costituzionale e il Decreto Dignità hanno in parte depotenziato gli effetti di questa riforma. AIDP auspica il ritorno al dispositivo originario previsto dal Jobs Act. Un indennizzo equo al lavoratore in caso di licenziamento illegittimo ed un supporto in termini di formazione finalizzata alla ricollocazione. In merito all’articolo 4, secondo AIDP la disciplina del divieto di controllo a distanza dei dipendenti è superata dalla dirompente affermazione delle nuove tecnologie in tutti gli ambiti della nostra vita, compresa la dimensione lavorativa. Nuove modalità di lavoro come lo smart working, le nuove tecnologie di geolocalizzazione, l’accesso a tool Ict, nuovi modelli di organizzazione del lavoro richiedono un aggiornamento delle norme. In sostanza, secondo AIDP la disposizione attuale è in diversi punti troppo rigida e farraginosa. Il luogo di lavoro è sempre più “smaterializzato” e il posto di lavoro segue il lavoratore fuori dal perimetro fisico della sede aziendale. La revisione dell’articolo 19 dovrebbe portare alla costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali con l’introduzione di un vincolo all’ eleggibilità basato sulla rappresentanza minima espressa nelle aziende e sull’effettiva capacità del sindacato di porsi come interlocutore essenziale nell’ambito delle negoziazioni (senza obbligo di sottoscrizione degli accordi). Correlato ad un articolo 19 rinnovato, AIDP auspica l’applicazione della previsione dell’articolo 40 della Costituzione (Il diritto di sciopero si esercita nell’ambito delle leggi che lo regolano) relativamente all’introduzione di una legge che definisca i requisiti delle rappresentanze sindacali titolate alla proclamazione degli scioperi (anche solo limitatamente a quelli per motivi aziendali tralasciando quelli per motivazioni politiche).
Sull’art. 13 che riguarda il demansionamento e che in buona parte è stato rivisto col Jobs Act, AIDP giudica ottimo, ma lontano dalla realtà effettiva, lo spirito della riforma. In molti casi, soprattutto sulle professionalità più alte, rende più semplice licenziare che rivedere le mansioni. Il concetto di demansionamento in organizzazioni sempre più liquide, ha perso di significato.
In generale, secondo AIDP un’eventuale ma quanto mai necessaria riforma dello Statuto dei lavoratori dovrà tener conto soprattutto degli importanti cambiamenti intervenuti sul mercato del lavoro in questi anni, primo tra tutti la crescita esponenziale di forme di lavoro autonomo e parasubordinato con milioni di lavoratori al di fuori del perimetro delle tutele tradizionali e che andrebbero coinvolti per non creare inaccettabili discriminazioni.