Si può essere multati per un bacio? Possono arrivare i carabinieri per sanzionare una mamma che sta abbracciando suo figlio? Sì, ed una delle conseguenze dell’assurda applicazione delle norme sul distanziamento sociale imposte e ancora in vigore in questa Fase 3.
A Reggio Emilia, gli ingredienti per una storia che solleva più di un problema circa la libertà di gestire gli affetti, ci sono tutti: una mamma alla quale da alcuni anni i Servizi sociali del Comune hanno tolto il figlio di 9 anni, un’educatrice (sic!) di una cooperativa sociale come controllore e delatore – durante gli incontri protetti tra i due, infine i carabinieri che, giunti sul posto non hanno potuto fare altro che notificare alla mamma 400 euro di multa, ma 280 se pagati entro un mese.
La vicenda è stata denunciata da Elisa Fangareggi, presidente di Time4life, una fondazione che si occupa di bambini in condizione di povertà sociale ed economica, la quale sta assistendo sul piano legale la donna, che si è vista togliere il figlio non per particolari rischi di abusi o violenze, ma solo perché ritenuta dai Servizi non adeguata a svolgere le funzioni genitoriali: «Da ragazza madre aveva soltanto chiesto aiuto ai Servizi ha spiegato la Fangareggi alla Nuova BQ – perché non riusciva a conciliare la cura del bambino con i turni di lavoro. Sulla base di una presunzione di inadeguatezza, il bambino le è stato tolto».
E ora, sulla base di una fisima igienista la donna rischia di non poter partecipare neanche più agli incontri protetti che si svolgono una volta alla settimana. Colpa di quell’affetto per nulla distanziato.
Appena iniziato l’incontro dopo 4 mesi di incontri virtuali in video conferenza, mamma e bimbo si sono abbracciati e baciati. L’educatrice è intervenuta pretendendo il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine. Dopo aver cercato di impedire il contatto tra mamma e figlio ha chiamato l’Arma. L’educatrice è in forze ad una cooperativa, che ha in custodia il momento degli incontri protetti tra la mamma e il figlio, dato in affido ad una famiglia della zona. Si tratta della Dimora d’Abramo, coop già assurta agli onori della cronaca per aver mandato alcuni clandestini richiedenti asilo alla Festa dell’Unità come lavapiatti. Ufficialmente non ha rilasciato dichiarazioni, salvo confermare l’episodio e trincerarsi dietro la formale legittimità della sanzione. La donna, infatti, è vero che è sua madre, ma pur essendo congiunta non vive con il bambino. Quindi, per la legge viene trattata come una perfetta estranea.
Legittimo, ma non eticamente accettabile: «Ciò che più mi indigna prosegue amareggiata la Fangareggi è constatare come sia più importante una più che discutibile premura di tipo sanitario al favorire l’affetto tra una madre e un figlio in una situazione di grande sofferenza e privazione protrattasi nel tempo. Che cosa è più importante? Tutelare il bambino da un remoto rischio di contrarre il Covid, che secondo la scienza è bassissimo, quasi inesistente o favorire il rapporto tra una mamma e il suo bambino?». Da una parte la legge, dall’altra il buon senso, leggere le situazioni e guardare quale sia il bene più grande in quel momento. Ha prevalso l’applicazione ferrea di una normativa assurda e una mamma in condizioni difficili è stata ulteriormente ferita. Nel nome dell’educazione pandemicamente corretta.
Di Andrea Zambrano
Fonte: Il Giornale