Vincenza Palmieri, fondatrice e presidente dell’Inpef (Istituto Nazionale di Pedagogia Famigliare), torna a parlare delle enormi difficoltà che vivono i minori rinchiusi in strutture di contenimento. Una piaga sociale, questa, che «va arginata al più presto» e che segna indelebilmente la vita di coloro i quali devono purtroppo riconoscere tali edifici come “case”.
E’ un destino che colpisce molti più bambini di quanti si possa immaginare, una quantità enorme di minori che smettono di essere bambini e che diventano pazienti. «Queste strutture hanno sempre nomi che riconducono alla gioia, “villa felice”, “casa del sorriso”, ma sono spesso molto lontane dalla felicità. Ho visto io stessa» dichiara la Palmieri, «ragazze bellissime che in poche settimane si sono trasformate in qualcosa di completamente differente. Capelli diradati, morsi ovunque, la bava alla bocca. Perciò non azzardatevi a dirmi che i manicomi non esistono più».
Affermazioni scottanti, quelle della professoressa, che rimandano ad un dolore latente, sordido e lacerante, non soltanto per chi vive in queste strutture, ma anche per chi attende fuori con impazienza di poter riabbracciare il proprio figlio. «In Italia esistono un’infinità di strutture che accolgono ragazzi adolescenti che sono stati rinchiusi, ma non sappiamo come farli uscire. Esiste un lavoro infinito per farli liberare, però troveremo sempre un curatore speciale che ci impedisca il tutto e che allontani le madri. Credo sia una delle violenze più atroci che si possano compiere. Qui i ragazzi vengono sedati, violentati, abusati e coperti di piaghe».
La Palmieri rincara anche la dose affermando: «Non possiamo più solo difenderci, dobbiamo denunciare. I ragazzi hanno solo voglia di vivere la loro adolescenza. Quando esistono dei problemi vanno chiaramente curati, ma non confondiamo le emozioni con le patologie».
E in merito all’esistenza delle strutture di contenimento presenti sul suolo italiano la fondatrice dell’Inpef ha sottolineato: «Sono strutture costruite appositamente per essere riempite. Non dimentichiamolo mai. È atroce pensare che dei bambini possano essere considerati merce di scambio, ma oggi è ancora così».
Anna Catalano