Ancora sbigottiti e indignati, di fronte alle bare bianche di Flavio Presuttari e Gianluca Alonzi, ci chiediamo come sia possibile che due adolescenti puliti, ingenui, di buona famiglia, possano cadere nella perfida rete del maleficio. Sedicenne il primo, quindicenne l’amico del cuore, i due giovani sono stati trovati morti nelle rispettive camere da letto e, da quanto emerso dall’esame autoptico, sarebbero stati uccisi da un mix contenente metadone diluito. In una chiesa a ingressi “contingentati” causa norme anti Covid-19, in un sagrato gremito di gente – prudentemente distanziata – che ha vito il lancio di palloncini bianchi all’arrivo e all’uscita dei feretri, Terni si è stretta intorno al dolore dei genitori e di chi voleva bene ai due ragazzi. Lutto cittadino, con serrande abbassate, bandiere a mezz’asta sui palazzi pubblici e raccoglimento negli uffici comunali, in concomitanza con il funerale. Questa vicenda invita comunque non solo al raccoglimento ma alla riflessione, su quanto avremmo potuto fare per salvare Flavio e Gianluca e su quanto è ancora nelle nostre possibilità mettere in atto per allontanare i giovani dal circolo vizioso dello sballo a tutti i costi. “Hanno ammazzato il mio angioletto”, ha urlato la mamma di Gianluca all’entrata nella chiesa. “Provo più dolore che rabbia, ha confessato la signora, distrutta dal più grande dei dolori del mondo. “Se faremo un’associazione in ricordo di Gianluca e Flavio voglio voi ragazzi” ha proposto al termine della cerimonia la madre di Flavio, rivolgendosi agli amici del figlio. Un buon auspicio, valido ancora di più perché unito a una sofferenza lancinante. Per comprendere meglio le intenzioni di queste mamme, torniamo alla cronaca. Una serata come tante per i due amici e un incontro che non avrebbero dovuto fare: Aldo Maria Romboli, tossicodipendente in cura al Sert, con cui sembra che i ragazzi avessero già una conoscenza, per 15 euro cede ai due la dose di metadone diluito in acqua in una boccetta. L’effetto letale della sostanza su Flavio e Gianluca è conseguenza della alta concentrazione del preparato: il metadone che viene spesso utilizzato nei tossicodipendenti può avere una potenzialità mortale se assunto da soggetti privi di tolleranza agli oppioidi”. Lo scrive il gip Barbara Di Giovannantonio nell’ordinanza con cui convalida l’arresto, disponendo la custodia cautelare in caracere per Romboli, ternano 41enne che con i soldi oggetto dello scambio avrebbe poi acquistato cocaina. In soggetti non tossicodipendenti – scrive ancora il gip – l’efficacia della sostanza è tale che anche una minima quantità può determinare il decesso e il Romboli, ben consapevole della minore età dei due ragazzi, aveva sottovalutato gli effetti di quel dosaggio sulle loro persone, vedendoli robusti di corporatura”. Parole che fanno rabbrividire, specie quel “soggetti non tossicodipendenti”. Che succede ai nostri figli? Perché giovani ragazzi, ingenui, puliti, sportivi (il malore iniziale lo hanno avuto sul campo di calcetto in cui erano andati a giocare) frequentano da tempo uno come Romboli? Questi gli interrogativi che si rincorrono da giorni. Al caso forse, non sono estranei alcuni totem, assunti dai ragazzi a modello di vita. Dall’indagine dei carabinieri, è emersa la preoccupante abitudine in voga tra i giovani, per cui si assumerebbe metadone o codeina diluiti con acqua o altre bevande, al fine di procurarsi un effetto rilassante. Il modo in cui miscelare i preparati, secondo alcune testimonianze, “si può apprendere con tutorial su internet e dai testi dei cantanti trap”. Proprio di questi ultimi i Flavio e Giancluca erano accesi fan. Nei testi ruvidi e sovente agghiaccianti delle loro filastrocche, trovavano una ragione di vita, una consolazione al disagio esistenziale proprio di questa età difficile, una risposta alla presunta emarginazione sociale rispetto a un contesto vissuto come estraneo. Proprio da questo si dovrebbe iniziare, dal mettere in guardia i nostri ragazzi da tale sottile ma perniciosa insidia. “Questa assurdità ingiusta” ha denunciato don Luca Andreani, parroco di Santa Maria del Rivo dal pulpito del Duomo di Terni, forse ha una spiegazione: dura, incomprensibile ma reale. “Molti vorrebbero trovare ragione di quanto accaduto spiegandoci le dinamiche delle sostanze, i tempi, le cause di certi comportamenti – ha rimarcato il parroco – ma il male rimane sempre il male, cioè un assurdo mai pienamente comprensibile”. Parole forti, in parte condivisibili. Soltanto in parte perché la società, le istituzioni, la politica, spesso troppo presa da altri interessi, debbono porre un argine a questo dilagare dello sballo, di movide violente, di “sguardi malefici – sempre don Andreani – pronti a danneggiare per bramosia di una manciata di soldi e un’illusoria esperienza di potere e dominio”. Si deve far di tutto perché i nostri ragazzi siano difesi.