Davide Cervia, il mistero dietro un nome. Ė il 12 settembre 1990 e Davide, dipendente di una società di componenti elettronici, terminato il lavoro sta tornando a casa nei pressi di Velletri. Non entrerà mai più nel suo appartamento. Qualcuno lo preleva di peso dalla sua Golf – secondo la testimonianza di un vicino sembra siano tre uomini – e lo carica su un’auto verde scura che si allontana seguita dalla vettura dell’uomo guidata da uno dei complici del rapimento. Si parla della tragedia di un uomo semplice. In realtà, dal profilo del rapito, emergono elementi che farebbero pensare a risvolti un po’ più complessi. Davide, nato a Sanremo nel 1959, venti anni dopo entra in Marina, dove presta servizio come sottufficiale fino al 1984. Imbarcato sulla nave Maestrale ha il compito di garantire il funzionamento di “guerra elettronica”, un incarico peculiare e delicato che richiede una particolare competenza. La sua misteriosa sparizione avviene alla vigilia della prima Guerra del Golfo, conflitto che prevede personale qualificato e ricercatissimo. E da qui potrebbero partire i primi indizi ma dopo la scomparsa, le autorità italiane hanno sempre negato la possibilità di un nesso tra la specializzazione di Davide e la sua scomparsa. Come in casi analoghi, soltanto la tenacia della famiglia ha permesso che, a mano a mano, emergessero tutte le contraddizioni legate a questa vicenda. Viene fuori che nei mesi precedenti alla scomparsa, il tecnico si sente spiato e minacciato, minacce che qualche anno dopo iniziano a incombere anche sui suoi famigliari che divengono oggetto di intimidazioni di varia natura. Sul piano delle indagini è vuoto pneumatico. L’unico elemento certo è il nominativo di tale Cervia che risulta prenotato nel gennaio 1991 sul volo “Air France” Parigi/ Il Cairo con rotta Jeddah-Aden-Sana’a, con biglietti pagati dal ministero degli Affari esteri francese. Dopo anni di salti nel vuoto da parte degli investigatori nel 2000 l’indagine viene archiviata. La famiglia però non si dà per vinta, specie per contrastare le inverosimili illazioni, che vorrebbero Davide allontanatosi di sua sponte, per la più prevedibile delle storie di infedeltà coniugale. Ipotesi testardamente combattuta dalla moglie Marisa Gentile, che in tanti anni si è battuta con coraggio per approdare alla verità. Una verità nascosta, contrastata da depistaggi, strani ritrovamenti, come la Golf di Davide rinvenuta un anno dopo a Roma in via Marsala, nei pressi della stazione Termini, con lo stesso mazzo di rose che il sergente aveva comprato per sua moglie la sera del rapimento. O le numerose sollecitazioni ad abbandonare ogni tentativo di venire a capo del mistero; e lettere anonime, telefonate inquietanti e tanti altri segnali che non lasciano tranquilli. Poi la svolta: il 23 gennaio 2018 il Tribunale civile di Roma ha condannato il ministero della Difesa per aver violato il diritto alla verità della moglie e dei figli di Davide. Una sentenza importantissima con cui si ribadisce che la verità è un diritto tutelato dalla legge. Contestualmente, il Tribunale conferma che la scomparsa di Davide Cervia è legata alle sue competenze militari. Niente a che vedere quindi con l’allontanamento volontario. Scrive il giudice: “le condotte del ministero della Difesa, provenienti in particolare da articolazioni della Marina Militare, si appalesano lesive del diritto alla tempestiva, esatta e completa informazione di Davide Cervia, con riguardo al periodo in cui era arruolato nella Marina Militare Italiana, ai fini della ricerca delle ragioni della sua scomparsa”. Una svolta che lascia il segno, tanto da far intervenire il ministro Elisabetta Trenta e lo stesso presidente del Consiglio Giuseppe Conte che esprime vicinanza alla famiglia. “Nel ribadirle il saldo sentimento di vicinanza che lega la presidenza del Consiglio alla sua famiglia – è scritto nella nota inviata a Marisa Gentile dall’ammiraglio Carlo Massagli, consigliere militare di Giuseppe Conte – le esprimo i sensi della più alta considerazione, per l’impegno da Lei profuso nella ricerca delle cause della scomparsa di Suo marito”. Parole che lasciano il segno, tanto da far invocare una commissione d’inchiesta sulla sparizione di Davide che, a tutt’oggi, non ha ancora preso forma. L’unica certezza in questo intricato caso, è che lo Stato ha negato la verità alla famiglia Cervia. Lo ha stabilito il giudice a cui purtroppo, non ha fatto seguito un sentimento di indignazione generale, come sarebbe stato opportuno. In altri contesti, con diversi protagonisti e personaggi forse più mediatici, non sono mancate le proteste, gli interventi della politica, incursioni della magistratura, richieste di riapertura indagini. Con l’immancabile corollario di libri e inchieste giornalistiche. Per Davide nulla. Il silenzio. Una fitta coltre di nebbia avvolge il suo caso. La tragedia di un sergente della Marina, specializzato in guerre elettroniche, rapito e strappato a sua moglie e a due bimbi di 4 e 6 anni. E un presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che si è detto “vicino alla famiglia” e da cui la famiglia si attende che passi ai fatti. Dopo la sollecita risposta alla mail inviata da Marisa, si attende l’avvio di un percorso, da parte delle istituzioni, volto a ristabilire la verità. Ora manca soltanto la decisione della IV commissione Difesa della Camera per l’avvio dell’organismo che promuova l’inchiesta. Lo dobbiamo a Davide, alla sua famiglia e all’amore per la verità.