Andy Warhol, artista visionario sosteneva che “quindici minuti di celebrità non si negano a nessuno”. Più modestamente, noi che artisti non siamo, tantomeno siamo visionari, non possiamo che dargli ragione anzi, nel caso della sindaca Virginia Raggi, ci permettiamo di sostenere che “l’allievo ha imparato meglio del maestro”. In questi giorni la sindaca ha collezionato una serie di cantonate sul piano comunicativo, da far tremare le vene e i polsi. La sua pagina Facebook ha inanellato una serie di perle da antologia. Pur di farsi pubblicità, di collezionare approvazione sui social, diffonde notizie che, se reali sarebbero una sciagura per la nostra martoriata Capitale. La prima fra tutte, l’avvio del piano segreto – perché nascosto a tutti, ai politici come ai giornalisti e ai cittadini – per la cosiddetta “captazione” delle acque del Tevere ovvero, il prelievo del non immacolato fluido, per farlo arrivare direttamente nei bicchieri dei romani, previa depurazione. Si, avete capito bene, per dissetare Roma e provincia si “succhierebbe” dal biondo fiume metà dell’acqua da rendere potabile attraverso un depuratore ultimato da tempo, inaugurato “a porte chiuse”, mai avviato e che dovrebbe funzionare solo “per livelli ordinari di inquinamento”. Per dirla meglio: l’Acea non si assumerebbe responsabilità per “eventuali presenze eccessive di inquinanti nei casi di sversamento o rilascio accidentale, casuale o doloso che dovrebbero verificarsi nel fiume”. Un autentico capolavoro, se si pensa ad esempio, alla recente moria di pesci riscontrata il 30 maggio. Né Nicola Zingaretti, che il 19 maggio ha approvato la determina che dà l’avvio a tale discutibile provvedimento, tantomeno Virginia Raggi, che nel dicembre 2017 ha approvato la realizzazione dell’impianto di potabilizzazione di Roma-nord Grottarossa, si sono posti il problema delle conseguenze che potrebbero derivare dall’immissione di acqua non proprio tranquillizzante per la nostra salute. Come non tranquillizza lo strano rapporto di odio-amore tra la sindaca grillina e il presidente piddino Zingaretti. Pura commedia con finalità elettorali? Può darsi. Di fatto, l’Elevato Beppe Grillo, guru dei pentastellati, di recente sul suo blog ha scritto che “l’acqua rappresenta la nostra prima stella e come tale va trattata, per noi adesso è la grande occasione per passare dalla teoria ai fatti”. Se i fatti sono questi…Sorprende sapere che il “Piano regionale di tutela delle acque del Lazio”, che disciplina l’intero settore idrico, fino a novembre 2018 non permetteva di utilizzare a scopi potabili l’acqua di fiumi in cui finiscono anche reflui industriali, qual è quella del Tevere. Miracolosamente, la commissione Ambiente della Pisana, presieduta dal grillino Valerio Novelli, ha proposto un emendamento al Piano, introducendo alcune eccezioni al principio generale e il gioco è fatto. Un gioco di squadra quello tra comune grillino e regione di centrosinistra, in cui il ruolo del m5s è totalmente schiacciato nei confronti del partito alleato di governo. Scenario uguale e contrario in un altro caso, quello della ex Gil (Gioventù italiana littoria) di Ostia, uno storico edificio del 1935 di architetto sconosciuto in perfetto stile razionalista, che sarà ristrutturato con destinazione a sede per la polizia locale del X Gruppo Mare e ufficio del Giudice di Pace. Anche qui, abbiamo assistito al teatrino della finta inimicizia tra Raggi e Zingaretti, con il compiacimento della prima, che sulla sua pagina Facebook riferisce di una sentenza della Corte d’Appello con cui “immobili del patrimonio ex Gil – di cui uno in corso Duca di Genova – in possesso della Regione Lazio restano nelle disponibilità di Roma Capitale”. Una precisazione pleonastica, considerato che il 31 gennaio scorso è stato firmato il verbale di consegna dell’immobile dalla Regione Lazio al X municipio, d’amore e d’accordo. Ma la vetta più alta dell’inopportuno, la sindaca l’ha raggiunta postando il 3 agosto un’avveniristica foto, con contorno di notizia relativa a un fantomatico centro civico polivalente in via di Grottaperfetta, quale frutto avvelenato di oneri concessori relativi a una contestata lottizzazione, di 400 mila metri cubi e 32 palazzi che ha visto una dura mobilitazione dei cittadini. Ė evidente lo iato tra la prima cittadina e i suoi amministrati. Cercare approvazione su un progetto tanto contestato, significa essere lontana mille miglia dalla volontà popolare che Raggi si sente di rappresentare. Tanto più che il 21 settembre 2017, l’Assemblea Capitolina di cui la sindaca è la massima rappresentante, votò all’unanimità una mozione tendente a ripristinare le condizioni ambientali e i vincoli ignorati dal cantiere cui oggi la sindaca guarda come motivo di vanto. E intanto, a pochi chilometri dallo scempio urbanistico, tra via di Decima e via Calcutta, i cinghiali continuano a grufolare intorno al nasone di zona.