Continua lo sfogo di Salvatore Buzzi a seguito della confisca di beni avvenuta qualche giorno fa e di cui il sessantacinquenne romano ancora non si capacita. Il suo nome, ormai da anni accostato all’estremista di destra Massimo Carminati, è tornato alle cronache italiane dopo l’intervista a Non è l’arena di Massimo Giletti, in cui Buzzi si è dichiarato ancora una volta «non implicato nella vicenda di corruzione».
Ma raccontiamo la storia un passo alla volta.
Già condannato a 30 anni per omicidio volontario il 26 maggio 1983 a seguito di una losca vicenda finanziaria che lo vedeva coinvolto in prima persona, Salvatore Buzzi sconta la sua pena nel carcere di Rebibbia, dove fa parlare di sé per aver conseguito la laurea in Lettere e Filosofia. Dopo sei anni di carcere, la sua pena viene notevolmente ridotta per buona condotta e finisce, nel giugno del 1994, con la grazia concessagli dall’allora presidente della Repubblica Scalfaro.
Pubblicamente redento, nel 1985 Buzzi fonda insieme ad altri ex detenuti la cooperativa “29 giugno”, che, tramite un sistema interno fatto di corruzione e atto all’assegnazione di appalti e finanziamenti pubblici pro domo sua e di altri soci, gli costa l’arresto nel dicembre del 2014.
Oggi, di fatto, le accuse di turbativa d’asta e corruzione a suo carico sarebbero cadute, ma la confisca di opere d’arte e ville è rimasta invariata, ragion per cui Buzzi si vedrebbe ora privato di beni propri nonostante «la confisca sia avvenuta in virtù di leggi antimafia da cui però sarebbe stato assolto». Affinché venga ascoltata la sua voce, si legge sul profilo facebook di Buzzi, egli stesso e la sua consorte stanno portando avanti da cinque giorni uno sciopero della fame, una forma pacifica di resistenza a questo nuovo assist della giustizia italiana.
Di seguito il post pubblicato sul canale social da Buzzi:
Ennesima ingiustizia subita.
La stampa pubblica oggi l’ennesima versione della Procura sul sequestro dei miei beni. Ho già fatto un post su fb lo scorso 24 ottobre e un comunicato alla stampa il 27 ottobre per spiegare la ingiustizia subita, in quanto la confisca è avvenuta in virtù di leggi antimafia sebbene io sia stato assolto da questo reato. La corte di Cassazione lo scorso 22 ottobre per non entrare nel merito delle questioni ha confermato la confisca dei beni. Che opera in virtù della sentenza della Corte di Appello del 11 settembre 2018 cassata senza rinvio per il reato di mafia dalla Corte di Cassazione.
Non comprendo come mai la stampa riporti oggi notizie vecchie di quasi un mese e non abbia mai pubblicato una riga sulla stravaganza della pronuncia.
Anna Catalano