Imane Fadil: una morte che suscita infinite perplessità. Ancora un colpo di scena sul caso della modella marocchina deceduta il 1° marzo 2019 dopo un lungo ricovero ospedaliero nell’Istituto di ricovero e cura (Irccs) Humanitas di Rozzano. Il gip di Milano Alessandra Cecchelli ha accolto la tesi del legale della famiglia Mirko Mazzali e ha respinto la richiesta di archiviazione che era stata avanzata dalla procura meneghina, fissando una scadenza di sei mesi per ulteriori indagini. Intorno alla fine della giovane protagonista legata ai processi Ruby, restano molti elementi oscuri. Quella morte a soli 34 anni evidentemente non deve aver convinto i magistrati e, se sul piano degli elementi controversi legati alla vicenda che coinvolge l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi il caso sembra risolto, non sarebbe così per quanto attiene l’approccio clinico dei medici dell’Istituto. I sanitari del polo medico lombardo, eccellenza in varie specialità, secondo i magistrati debbono ancora fornire ulteriori spiegazioni sulla fulminante patologia della ragazza. Imane Fadil, nata in Marocco, viveva da tempo a Milano. Nota per avere partecipato alle cosiddette “cene eleganti” ad Arcore nella villa di Sllvio Berlusconi, avrebbe dovuto testimoniare nel processo Ruby Ter, per cui il 13 febbraio 2020 il pm di Siena Valentina Magnini chiese la condanna a 4 anni e due mesi di reclusione per corruzione in atti giudiziari dell’ex premier. Nello specifico, gli investigatori dovranno compiere accertamenti su un eventuale “nesso eziologico” tra il decesso della modella e la condotta dei medici che l’hanno curata all’Istituto. Causa ufficiale della morte un’aplasia midollare associata a epatite acuta e su questo non ci sarebbe alcun dubbio. Così come non ci sarebbero dubbi sulla ipotesi di avvelenamento da sostanze radioattive, inizialmente avanzata poi esclusa, nonostante dopo il decesso siano stati riscontrati nell’organismo valori alti di alcuni metalli, incompatibili però con la possibilità di uccidere. Un’ipotesi fatta percepire dalla stessa modella all’inizio del suo ricovero, con alcune conversazioni captate dagli inquirenti. L’aplasia midollare può essere causata da molteplici fattori tra cui un virus, un linfoma o alcuni farmaci. La consulenza ha dato una risposta certa sulla malattia, ma non è possibile comprendere la causa scatenante, hanno spiegato più volte gli esperti. Proprio dalla relazione del pool di medici, guidati dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo, grande esperienza nel settore, in grado di far luce su molti casi di cronaca nera negli ultimi anni, si legge che “nella maggior parte dei casi non è possibile identificare la causa di questa patologia”. Malattia che per tale motivo viene definita “idiopatica”, un aggettivo davanti al quale la medicina si dichiara impreparata in quanto equivale a dire che si è all’oscuro della origine del male. Nonostante ciò, secondo il team di esperti, “le scelte terapeutiche degli ultimi giorni, successive alla diagnosi formale di aplasia midollare, non sarebbero state coerenti con tale diagnosi, sebbene non ci siano indicativi profili di colpa medica” perché “qualunque corretta terapia immunosoppressiva con o senza trapianto di midollo osseo avrebbe richiesto molte settimane prima di poter modificare la storia clinica naturale di questa malattia”. Insieme alla diagnosi medica, in questo complesso caso desta interesse la vicenda giudiziaria legata al nome di Imane Fadil. Come noto, la 34enne aveva chiesto di esser parte civile nel processo Ruby Ter – che vede tra gli imputati l’ex premier Silvio Berlusconi – insieme ad Ambra Battilana e Chiara Danese, richiesta poi respinta dal Tribunale. Sembra inoltre che la modella si cimentasse, allo stesso tempo, nella narrazione della vicenda Ruby in un libro che si apprestava a scrivere. “Nove anni fa, sosteneva la ragazza, è iniziato tutto e da allora, al contrario di altri, ho sempre detto la verità e ho respinto tantissimi tentativi di corruzione da parte di un certo entourage molto attivo nel difendere gli incontri di villa Certosa”. Fu molto amara la reazione di Imane quando i giudici di Milano, in data 14 febbraio 2019, respinsero la sua richiesta di essere parte civile nel processo Ruby ter. Dopo soli quindici giorni l’improvviso ricovero all’Irccs di Rozzano. “Per ciò che succedeva ad Arcore noi abbiamo pagato più di tutte le altre, quelle che hanno deciso di farsi corrompere”, sostenne Fadil nell’ultima sua apparizione in Tribunale. Sarebbe interessante sapere tutto ciò che l’ex modella aveva in serbo ed era pronta a pubblicare sul libro che non ha visto mai la luce. “Prima o poi tutti lo vedranno, prima o poi sarà pubblicato. Ho fiducia nella giustizia italiana e nel fatto che le cose stiano cambiando”, attaccava Fadil. E oggi, sebbene i magistrati, abbiano ribadito che nelle cure prestate alla Humanitas alla modella non siano stati rilevati profili critici e sia dimostrata una “notevole attenzione per la paziente”, la famiglia di Imane punta far riaprire il caso e chissà che il rigetto della richiesta di archiviazione non riveli altre sorprese in questa torbida storia infinita.