Anno 2021, 15 femminicidi, anno 2020 “solo” 131, nel 2019, “solo” 111, nel 2018 donne morte 133, sono numeri qualcuno potrebbe dire. E le 4, 5, 15 denunce sporte dalle donne vittime di violenza nei confronti dei mariti, ex mariti, compagni vengono “dimenticate”.
Ancora morte al comune di Marino (Roma), ieri 16 aprile, un uomo ha sparato alla “propria” moglie e successivamente si è tolto la vita. Si legge “sono partite le indagini per capire cosa ha spinto l’uomo ad uccidere la moglie”, ebbene, le indagini sarebbero dovute partire prima, per evitare l’ennesimo femminicidio e la sua commemorazione.
Qualcuno si riferisce ai delitti come un semplice “raptus emotivo”, “tempesta emotiva”, ebbene, chiamiamolo con il loro nome, omicidio criminale ed anche indifendibile, senza dover cercare per forza delle scuse. Dopo un efferato femminicidio, non è raro assistere a dichiarazioni di conoscenti ed amici che ci descrivono quell’ “uomo” sempre gentile, che saluta sempre, come se salutare sia sinonimo di essere un vero uomo perbene. Ebbene, proprio molti “uomini gentili” commettono reati, perché dietro quel carattere silenzioso ed educato, nascondono malattie profonde, disturbi cronici, frustrazioni, violenze inaudite che nascondono per anni per mostrarle in tutta la loro ferocia appena ne hanno “l’occasione”. Anche la gelosia oppressiva, troppo esasperata, il controllo morboso, sono sintomi di disturbi congeniti. Sentirsi dire “se mi lasci ti ammazzo”, è una ulteriore prova, non serve altro per capire e, soprattutto, per agire. Ed infatti quando l’uomo violento uccide, molte volte era stato lasciato, respinto e, quindi, “o ti ho solo io – possesso – , oppure nessuno ti avrà più, perché a me non puoi fare una cosa del genere, sei mia, in sostanza”.
Che altre prove servono per capire? Quindi, le leggi ci sono, le prove esistono, vengono fornite alla magistratura, ma, allora, ci chiediamo, come mai muoiono ancora tante donne? Che fine fanno le denunce? Coloro che dovrebbero fermare il violento, avendo a disposizione prove granitiche e potendo svolgere indagini, nella maggior parte dei casi, non svolgono indagini e coprono comportamenti violenti di taluni uomini.
Donne vittime di violenze e figli affidati proprio ai maltrattanti
Nei casi di violenze sulle donne, sono soprattutto i figli che subiscono ulteriori violenze ed a volte, senza ricevere quella protezione a loro dovuta, si ritrovano proprio affidati ai genitori violenti ed allontanati da genitore amorevole.
I casi sono numerosi, tanto che alcune associazioni si sono unite ed hanno presentato una relazione.
Il 24 giugno 2020 con un webinar è stato lanciato in esclusiva alla Agenzia di Stampa di Dire, anche in funzione della loro sensibilità sulla violenza sulle donne, la presentazione del “Protocollo Napoli”, deliberato dall’ordine degli psicologi campani.
Sono intervenute, oltre alla Ministra Bonetti, la senatrice Valeria Valente, la ex GIP Paola di Nicola, le dottoresse Elvira Reale, Caterina Arcidiacono, Antonella Bozzaotra, Gabriella Ferrari Bravo ed Ester Ricciardelli.
Ci spiega la Dr.ssa Elvira Reale, responsabile scientifica dell’associazione Salute donna e centro Dafne di Napoli e consulente della Commissione femminicidio: “il cuore del protocollo è lo sviluppo di una metodologia per la consulenza tecnica in casi di affido in cui ci siano evidenza di violenza domestica sulle donne e di violenza assistita sui minori. Noi assolutamente seguiamo la direttiva europea della tutela delle vittime di reati e seguiamo la Convenzione di Istanbul che impone separatezza tra il partner maltrattante e la madre ed il genitore maltrattante ed i figli, quindi nella nostra metodologia non accediamo a quella che è la metodologia di quei colleghi che non fanno alcun discrimen tra conflittualità e violenza anche elevata, noi non utilizziamo colloqui di coppia, mediazione che non si può fare neppure per l’articolo 48 della Convenzione di Istanbul, ma colloqui separati e traiamo le conclusioni in maniera separata”.
Dr.ssa Paola di Nicol, ex GIP della Procura della Repubblica di Roma.
Come si è potuto ascoltare dal webinar dall’Agenzia Stampa Dire, scelti in esclusiva per il lancio e la presentazione del “Protocollo Napoli, la ex Giudice del Tribunale penale di Roma, Dr.ssa Paola di Nicola afferma che il giudice civile in caso di violenza è tenuto ad un approfondimento sulle violenze e che ci sono tutte le leggi per tutelare un minore dalle violenze e violenza assistita. Così dalle sue parole: “l’art. 572 c.p. (maltrattamenti in famiglia) “ha previsto espressamente che il minorenne vittima di violenza, non semplicemente diretta, ma semplicemente assistita che un bambino/a che è a conoscenza, non è neanche necessario che la veda, è sufficiente che percepisca attraverso la madre che ha subito violenza, è egli stesso/a vittima di violenza, non deve scorrere sangue, non è necessario debbano esserci referti medici, la violenza ed anche la violenza psicologica, anzi quella più grave è la violenza psicologica nei confronti dei figli che sono a conoscenza che la propria madre viene trattata violentemente dal proprio padre”.
Un excursus di leggi, le sentenze della Suprema Corte di Cassazione non rispettate, come pure la Convenzione di Strasburgo, New York, Istanbul. Le donne vittime di violenza, ci ricorda anche il l’ex Ministro della giustizia Alfonso Bonafede in una risposta ad una interrogazione parlamentare, possono appellarsi agli artt. civili 342 bis c.c., 736 bis c.p.c. art. 330 e 333 c.c., art. 315 bis comma 3, art. 336 bis, art. 337 octies del codice civile, tutte norme che molte volte vengono sistematicamente violate.
Ci troviamo, quindi, davanti ad un paradosso, molte volte le leggi non vengono rispettate là dove dovrebbero essere osservate in primis dagli stessi che devono applicare le leggi per giudicare e condannare. Quindi, in mancanza di tale gravissima omissione i reati continuano ad essere commessi su donne e specialmente bambini.
Ci insegnano i criminologi che nessun femminicidio accade all’ improvviso ma è l’esito di un’escalation di violenza che non è stata fermata in tempo. Ma da chi? Chi avrebbe dovuto fermare il violento?
Ma se una donna denuncia, depositando prove granitiche, come registrazioni audio video, certificati del pronto soccorso, indicando testimonianze e le denunce restano inascoltate o archiviate dopo 10 giorno e dopo più di 4 anni, è ovvio che ci saranno sempre ed ancora femminicidi che sappiamo solo commemorare.
Quando si parla di femminicidi, andrebbe utilizzato un linguaggio appropriato, sono donne e/o bambini tragicamente uccisi, ossia l’uomo come assassino, senza se e senza ma, senza alcuna giustificazione.
Un femminicidio è sempre prevedibile, molte donne lo sanno, purtroppo non ne sono consapevoli coloro i quali avrebbero il compito di difenderle, o almeno lo ignorano.
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo continua a condannare l’Italia per la violazione delle normative, ma come, accade sovente nel nostro Paese, al danno, la beffa. Sono sempre i cittadini che pagano, vittime due volte. La c.d. responsabilità civile dei magistrati viene applicata?
Stop femminicidi, la soluzione c’è, il magistrato deve far rispettare le norme, in caso di disapplicazione delle stesse normative, va controllato operato del magistrato prima che giunga la morte o l’aggressione, e, nel caso, sanzionato.
La soluzione c’è, ma la volontà di cambiare?
Di Giada Giunti