Non ha bisogno di presentazioni il Procuratore della Repubblica Procura di Tivoli che ricordiamo anche per la vicenda del 2019 della giovane ragazza Deborah che ha colpito il padre a morte al culmine di una lite, ed il Procuratore Capo ha rubricato il fatto come legittima difesa.
Lo ricordiamo ancora per la stesura del Protocollo di Intesa tra ASL Roma 5, Procura della Repubblica presso Tribunale Tivoli, Ordine Psicologi del Lazio, Consiglio Ordine degli Avvocati di Tivoli e Camera Penale di Tivoli, finalizzato alla realizzazione di un “sistema integrato di protezione delle vittime di reato, in condizione di particolare vulnerabilità e di violenza di genere”.
Un Protocollo che aveva consentito l’anno successivo l’apertura dello “Spazio Ascolto e Accoglienza vittime di reato, in condizione di particolare vulnerabilità e di violenza di genere”, primo nel suo genere in tutta Italia, attivato all’interno della Procura di Tivoli.
Abbiamo ascoltato il procuratore Menditto ai microfoni del programma “Che giorno è” Rai radio 1 e, come sempre, colpisce la sua competenza, l’intelligente modestia, profonda consapevolezza del sistema della violenza sociale e soprattutto con approdi rivolti alla indicazione di soluzioni concrete.
Il procuratore Menditto fa riferimento anche all’importantissimo lavoro che sta svolgendo la Commissione d’inchiesta sul femminicidio nonché su ogni forma di violenza di genere del Senato della Repubblica della quale è presidente la senatrice Valeria Valente.
Ricordiamo della Valente (senatrice del Pd) i numerosi incontri, informazione e proposte formative sul contrasto alla violenza di genere. Citiamo l’interrogazione parlamentare al ministro della Salute Roberto Speranza per impedire l’utilizzo della PAS (sindrome di alienazione parentale) nei tribunali. Il ministro con risposta del Ministro Speranza sulla PAS e pubblicata il 5 maggio 2020 ha confermato quanto la Valente per contrastare anche la sottrazione dei minori dalle loro madri sulla base di costrutti ascientifici.
Il Ministro Speranza ha così risposto: “Detta “sindrome” non risulta inserita in alcuna delle classificazioni in uso, come la “International classification of diseases” ( ICD 10), o il “diagnostic and statistical manual of mental disorders” ( DSM 5), in ragione della sua evidente a scientificità dovuta alla mancanza di dati a sostegno.
Nonostante la mancanza di evidenze scientifiche nella letteratura medica, la sindrome di alienazione genitoriale continua ancora oggi ad essere utilizzata in ambito giudiziario. Infatti, sono ancora molti casi di bambini affidati ad un genitore sulla base dell’uso improprio della PAS, così come sono molti i casi di bambini inviati alle comunità rieducative.
Questo ministero, già nel 2012, ha puntualizzato la non attendibilità della PAS e il rischio dell’uso distorto di tale diagnosi nei casi dei bambini contesi, proprio a fronte del mancato riconoscimento del disturbo in questione sia dalla parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sia da parte di tutta la Comunità scientifica internazionale.
In particolare, nei casi di violazione attribuibili a difetti o abusi di competenza o coscienza medica, il Ministro della salute si attiva tempestivamente ogni qualvolta venga a conoscenza presunte violazioni di norme deontologiche, chiedendo all’ordine professionale di riferimento di effettuare gli opportuni accertamenti e di comunicare al Ministero gli esiti.
Anche qualora siano segnalati casi di diagnosi di PAS da parte di medici e psicologi, il Ministero della Salute ha cura di informare con sollecitudine gli ordini professionali di appartenenza, per gli accertamenti sulle eventuali violazioni di norme deontologiche.
Rientra nell’ambito delle competenze del Ministro della giustizia intraprendere le adeguate iniziative finalizzate a garantire che, nelle sedi processuali, non vengano riconosciute patologie prive delle necessarie evidenze scientifiche, tanto più pericolose, poiché aventi ad oggetto decisioni in materia di minori”. Così conclude il ministro Speranza.
Lo scopo dell’indagine della Commissione, – da 572 fascicoli si è arrivati in poco tempo a 1500 fascicoli – commenta la Valente, è di individuare i motivi, le cause che hanno portato ad un femminicidio quando un sistema di protezione non ha funzionato. La senatrice Valente sottolinea che la commissione d’inchiesta è volta anche alla ricerca di responsabilità individuali, all’analisi disfunzioni del sistema, da poterle, poi, correggerle, ed ancora attraverso la sensibilizzazione e la formazione degli operatori.
È la prima volta che si indaga per capire cosa davvero non funziona nella catena per capire come e dove intervenire per impedire altro femminicidio ed altre forme di violenza.
Non può revocarsi in dubbio che la presidente Sen. Valeria Valente sta affrontando un lavoro pioneristico e produttivo di mutazioni radicali con la commissione d’inchiesta sul femminicidio nonché altre forme di violenza.
Quando si fa cenno concreto al contrasto sulla violenza emergono, anche altri illustri magistrati del calibro della sostituta procuratrice generale della Corte di Cassazione la dottoressa Francesca Ceroni con la sua ultima requisitoria con la quale non solo annienta la PAS, ma elenca tutta una serie di violazione di normative e procedure commesse in un contesto di violenza non identificata (Cassazione requisitoria Sost. Proc. CERONI); il presidente Vicario del Tribunale di Milano Fabio Roia; la dottoressa Paola di Nicola (autrice anche di libri), ex Gip del Tribunale di Roma. Al loro onestà ed impegno intellettuale si uniscono anche ad altri nomi di spicco.
Ricordiamo le psicologhe promotrici del “protocollo Napoli” (Protocollo Napoli) in Campania (consulenza tecnica in caso di violenza domestica, deliberato dall’Ordine degli psicologi della Campania e approvato dall’ordine Nazionale) le dottoresse, Caterina Arcidiacono (ordinario di Psicologia Unina), Antonella Bozzaotra (presidente dell’ordine degli psicologi della Campania), Elvira Reale (responsabile scientifica dell’associazione Salute donna e centro Dafne di Napoli e consulente della commissione parlamentare sul Femminicidio), Gabriella Ferrari Bravo (psicologa presso il centro antiviolenza Napoli Aurora), dalle psicologhe promotrici del protocollo Napoli in Campania.
Riportiamo quanto magistralmente dichiara il Procuratore Francesco Menditto al programma “Che giorno è” (Rai Radio 1) che risulta essere realtà attuale di quanto accade: “finché non si comprende che dietro ad un femminicidio c’è un problema, un tema di violenza di genere, di violenza di un uomo nei confronti di una donna, noi non faremo nessun passo avanti, ed avremo sempre lo stesso numero di femminicidi o forse piccoli aumenti e piccole diminuzioni.
D’accordissimo con la presidente Valeria Valente che facendo un lavoro fantastico con la commissione femminicidio, finalmente capiremo cosa c’è dietro questo fenomeno e cosa si può fare in concreto.
Le do alcune indicazioni per quella che è la mia esperienza da alcuni anni che me ne occupo, perché ci sono questi femminicidi, vi farà riflettere che ne abbiamo avuti 3 ieri, uno al sud, uno al nord ed uno al centro, quindi non c’è differenza di luogo, di situazione.
La nostra esperienza dimostra che non c’è differenza di classi sociali, non c’è differenza di professione perché? di che è la responsabilità di tutto questo?
Primo c’è un unico responsabile che l’omicida, spesso si dimentica questo e l’omicida è colui che ha ammazzato la donna ed a volte ha ammazzato anche i figli.
Non lo dimentichiamo mai, c’è una vittima che la è donna, ed i figli o sono stati uccisi o rimangono orfani. Questi vengono dimenticati, sono voci che poi non vengono sentite nei processi; nei processi sentiremo solo l’indagato, lui sarà al centro dell’attenzione.
Dobbiamo fare uno spostamento di prospettiva culturale rispetto femminicidio.
Cosa c’è dietro, cos’è la violenza di genere, scusi se sono lungo, però mi piace completare questo ragionamento, se me lo consente, c’è l’incapacità e anche qui è un dolore per me che sono uomo che ci sono arrivato a distanza di anni, quindi faccio autocritica rispetto a questo; c’è l’ incapacità dell’uomo di accettare una donna che si vuole autodeterminarsi, che si vuole separare, che vuole andare via, che vuole essere libera, che non vuole essere controllata, che non vuole essere oppressa dalla gelosia.
Quando ci si trova di fronte a queste situazioni, una donna che ha deciso di andare via, ha deciso di avere la tua libertà, scoppia, mi scusi il termine, però i nostri ascoltatori ci ascolteranno; da quel momento inizierà a stalkerizzare, cioè a dare fastidio, inizierà una serie di azioni giudiziarie per ottenere l’affidamento dei figli che semmai prima non aveva mai visto e di cui non si era mai occupato.
Incrementerà la violenza se la donna non ha avuto la capacità di andare via e di allontanarsi perché la prima cosa è mettersi in sicurezza, in alcuni casi purtroppo ci sarà il femminicidio.
Ecco, questo è una sintesi estrema, allora solo se tutti noi o almeno una buona parte di noi capiamo cosa c’è dietro riusciremo ad intaccare il fenomeno, sennò sarà come svuotare, voglio dire il mare con un secchiello, ognuno di noi farà la propria parte, però i risultati saranno pochi.
Domanda del conduttore: di quali armi avremo bisogno per mettere davvero un freno a tutto questo, come si fa a convivere con l’orco nel momento in cui una donna denuncia di convivere con l’orco?
Procuratore Menditto: guardi mi ha rubato una parola l’orco, io avevo usato l’uomo nero, per raggiungere anche gli ascoltatori più giovani.
Io non vogliono nascondere le responsabilità della magistratura e delle forze dell’ordine, stiamo cercando di fare la nostra parte, abbiamo difficoltà, anche noi abbiamo bisogno di formazione e di comprensione. Sappiamo perfettamente che non in tutta Italia il contrasto alla violenza di genere funziona nello stesso modo, ma a macchia di leopardo, quindi ci assumiamo le nostre responsabilità.
Però ci tengo a dire che bisogna fare un ragionamento collettivo, noi possiamo incrementare le leggi, aumentare anche le pene forse è anche giusto in alcuni settori, aumentare la formazione della polizia giudiziaria e dei magistrati, dei servizi sociali, però è necessario un lavoro collettivo.
Le faccio alcuni esempi. Il ridimenzionamento, se la donna segnala una violenza puntualmente viene rimimenzionata, dove? Dalle forze dell’ordine? Fosse, dai magistrati? Forse, ma all’interno della famiglia, quante volte i genitori, i fratelli, sorelle, amici hanno detto lascia stare, non denunciare, è un momento, gli passerà, è nervoso, pensa ai tuoi figli, pensa alla famiglia.
Quella un’anticamera del femminicidio in alcuni casi, perché non si vuole riconoscere la violenza, se un uomo alza le mani una volta, due volte o il violento o il geloso o controlla il cellulare o controlla economicamente la donna, è un uomo violento, maltrattamenti, il codice penale lo definisce così articolo 572 del codice penale, il tema va affrontato subito; bisogna mettere in sicurezza la donna, la donna deve chiedere aiuto, deve chiedere aiuto alle persone che sono in grado di aiutarle, quindi se la famiglia non fa squadra con lei.
Io lancio un appello alle famiglie fate squadra, non ridimensionate. Si possono rivolgere ai centri antiviolenza, si possono rivolgere a personale specializzato che è in grado di aiutarle.
Ancora una cosa, quante volte io, lei e la sua collega abbiamo visto per strada una donna che veniva aggredita, o che urlava semmai in una macchina o abbiamo sentito dalla casa vicina un urlo o delle urla di una donna non certo di un uomo. Domanda rivolta a me e a lei, perché non voglio coinvolgere altri, quante volte abbiamo chiamato le forze dell’ordine? Pochissime. Ma alcuni di questi femminicidi, però io non voglio parlare dei casi specifici, se il sistema avesse funzionato, ma tutto, non seguire delle forze dell’ordine, ma tutto il sistema, tutto questo non sarebbe accaduto.
Un’ultima cosa, rivolta alle ragazze, per favore ragazze, voi siete intelligenti, siete ragazze che crescono con la voglia della libertà, se avete un ragazzo che alza una mano su di voi una sola volta o vi controlla il cellulare o dice che è geloso e non vi vuole fare uscire con la gonna corta, lasciatelo perché quello è potenzialmente una persona che comprime la vostra libertà e potrebbe essere violento.
Domanda del conduttore: andiamo meglio o peggio secondo lei rispetto a qualche anno fa, parlo degli anni in cui magari c’era più politica, parlo degli anni delle grandi manifestazioni femministe, ecco andiamo meglio o peggio? abbiamo vissuto un fine settimana drammatico lo ricordiamo tre femminicidi
Procuratore Menditto: si, un fine settimana drammatico, ma un anno drammatico, gli anni scorsi sono stati drammatici, l’anno prossimo sarà drammatico, questa è la verità. Sicuramente andiamo meglio nel senso che c’è una maggiore consapevolezza anche tra noi magistrati e forze dell’ordine c’è una maggiore preparazione, ma ancora non sufficiente. Il legislatore ci ha tirato le orecchie a noi Procure della Repubblica, a noi forze dell’ordine, dicendo sbrigatevi sostanzialmente, con la legge sul codice rosso che funziona bene, all’inizio molte proteste perché non hanno incrementato di risorse siamo in difficoltà però la magistratura sta tentando e sta facendo funzionare questa legge, quindi va meglio.
Ci tengo a dire altre due cose, primo: per favore donne, quando vi trovate in questa situazione andate da qualcuno che vi può assistere, potete denunciare, sappiate che c’è il gratuito patrocinio, cioè l’avvocato viene pagato dallo Stato. Quindi non avete delle spese, perché a volte hanno paura le donne, di sostenere delle spese.
Secondo: se qualcuno non vi crede, se andate dai carabinieri e polizia e rimandano vi rimandano a casa, purtroppo capita ancora questo, se vi dicono “ma è solo una lite familiare” segnalato alla Procura della Repubblica, interverremo perché non è più accettabile oggi che venga rimandata indietro una donna che denunciava una violenza. La lite è un conflitto tra due persone paritarie, io e mia moglie siamo sullo stesso livello, per intendersi, se invece c’è un rapporto di sperequazione ed uno alza la voce più dell’altro, già inizia a non essere una lite, ma può esserci una violenza.
Terzo: stiamo andando avanti, ma bisogna fare ancora, c’è ancora un mare da attraversare, mi consenta questo termine, pensiamo un pò al caso di alcune donne che sono state uccise, è tragico, nessuna in particolare. Pensiamo ai casi in cui non hanno denunciato, pensiamo se avessero denunciato, quante persone avrebbero creduto a queste donne al momento della denuncia e quante invece avrebbero detto “no ma è una denuncia strumentale” perché non vuole portare i bambini dal marito con il quale si sta separando, o perché vuole più soldi.
Quindi, la donna si trova in un bivio, perchè se denuncia rischia di non essere creduta ed a volte le tolgono i figli, se non denuncia è colpevolizzata, perché non ha denunciato.
Questa è la mentalità collettiva, quando riusciremo a rimuovere tutto questo, faremo quell’altro passo avanti che è un pò più lungo da percorrere”. Conclude il procuratore Menditto.
Le donne, ma soprattutto i bambini vanno difesi da qualsiasi forma di violenza, una difesa che dovrebbe essere comune, un impegno a livello mondiale, di ogni classe politica, di ogni classe sociale, in sostanza di ogni individuo, ma sappiamo che così non è.