La giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è stata un susseguirsi di testimonianze, un elenco delle vittime dei femminicidi ed infanticidi, dei maltrattamenti, ed ulteriore impegni da realizzare da parte delle Istituzioni.
Ma alle mamme, alle donne vittime di violenze e maltrattamenti, non solo non bastano nuovi proseliti, ma chiedono fatti concreti, “basta parole” ed soprattutto richiedono con la massima urgenza un decreto legge o altro provvedimento dirimente.
“Non c’è più tempo per i nostri figli che sono in pericolo, allontanati da noi da anni ed anni”, precisano le mamme.
Le associazioni Comitato Madri unite contro la violenza istituzionale, Verità Altre, Maison Antigone, progetto Medusa, si sono date appuntamento nelle adiacenze del Ministero della Giustizia in Piazza Cairoli in occasione della giornata simbolo della eliminazione della violenza sulle donne e bambini.
L’associazione Maison Antigone, presidente l’avvocato Michela Nacca, vicepresidente Simona d’Aquilio, assieme ad altri comitati ed associazioni, ha organizzato una staffetta di webinar dalle ore 10 di mattina fino alla sera inoltrata.
Tra i vari collegamenti nella lunga staffetta è stato previsto anche quello esterno con Piazza Cairoli dove mamme, padri, semplici cittadini hanno voluto dare la propria testimonianza ed invocare giustizia.
Li abbiamo visti con vari cartelli in mano, di cui “ chiediamo protezione dalla violenza e violenza istituzionale”, “donne denunciate = allontanamento figli = inferno della violenza istituzionale”, “vittimizzazione secondaria”.
Le mamme hanno manifestato sotto la pioggia per chiedere protezione soprattutto dalla violenza istituzionale che secondo loro è quella più dura ed insidiosa, atteso che dalle denunce nei confronti degli ex mariti/compagini scaturiscono ulteriori violenze e soprattutto l’allontanamento dei propri figli.
Le mamme e padri in piazza hanno fatto presente che da anni continuano ad ascoltare dichiarazioni secondo cui il problema della violenza sulle donne è una questione di “ formazione, che non leggono la violenza, che è un problema culturale, problema di misoginia”, diversamente ritengono che il problema reale sia proprio la violazione delle normative vigenti, quelle nazionali, sovranazionali, le sentenze della Corte di Cassazione ( come pure la requisitoria del 15 marzo del sostituto procuratore generale della Corte di Cassazione la dottoressa Ceroni, la sentenza della stessa Corte del 17 maggio e 17 novembre 2021), le convenzioni europee, soprattutto quella di Istanbul, e non ultimo la risoluzione del Parlamento Europeo del 6 ottobre scorso.
Ed è per questo che ne chiedono fermamente il rispetto, chiedono protezioni vere e concrete alle Istituzioni e soprattutto al ministro della giustizia, la professoressa Cartabia che il 3 novembre scorso ha risposto alle question time alla Camera dei Deputati della onorevole Rossella Muroni e Veronica Giannone sulla questione delle violenze su donne e bambini, e soprattutto degli allontanamenti dei figli dalle mamme accusate della cosiddetta sindrome di alienazione parentale.
La violenza domestica, la violenza istituzionale e l’allontanamento dei figli dalle mamme già vittime di violenza è un sistema perfettamente collegato, ribadiscono le mamme in piazza. Gli uomini violenti non solo uccidono o aggrediscono le proprie compagne, mogli, ex compagne, ex moglie, ma utilizzano i propri figli per procurare torture e dolore inaudito alle stesse chiedendo addirittura il collocamento in casa-famiglia per i propri figli o presso se stessi. Lo ha sottolineato anche il Parlamento europeo con la risoluzione del 6 ottobre.
In questo caso i padri violenti (è ovvio precisare che si parla solo di quelli violenti) allontanando mamme e figli otterrebbero la sofferenza più efferata delle proprie compagne/ mogli per averli lasciati, non pagherebbero più le spese per la casa coniugale, gli assegni di mantenimento, le spese straordinarie, ma addirittura guadagnerebbero dalle condanne alle spese processuali con tutti i ricorsi che le mamme sono costrette a presentare per riottenere l’affidamento dei propri figli. Abbiamo incontrato mamme che hanno perso tutte le proprietà, fino a 220 mila euro di perdite, 135 mila euro di condanna alle spese processuali, pignoramenti e quant’altro. La violenza che subiscono queste mamme è anche una violenza economica, quindi.
Le mamme conoscono bene il fenomeno della violenza domestica ed istituzionale perché lo subiscono da anni, “un inferno che compromette l’intera esistenza di mamme e bambini”, affermano le donne in piazza. “Chi ci restituirà quei lunghissimi anni in cui ci hanno impedito di stare, vedere crescere i nostri figli? Chi ci restituirà il tempo che non hanno potuto vivere insieme?”, si chiedono le donne. Nessuno mai!
Le donne già vittime di violenza precisano che dopo l’invito delle Istituzioni a denunciare, non solo non si sentono protette e tutelate, ma addirittura precipitano in un inferno da cui difficilmente si riesce ad uscire, atteso che le vengono allontanati i propri figli, subiscono condanne penali e civili.
Una causa civile e penale che termina in breve tempo, non alimenterebbe quel sistema che c’è dietro ogni causa, quindi profitti per tutti quei soggetti che intervengono nei procedimenti.
Ed infatti, anche quando un genitore chiede conciliazioni come nel caso di una mamma che nonostante le aggressioni fisiche che ha ricevuto, le minacce, le torture, ogni tipo di violenza, ha proposto ben 36 richieste conciliative solo in 2 anni, di cui 8 davanti ai magistrati, non solo non è stata ascoltata, ma è stata addirittura allontanata dal proprio figlio che non vede da 6 anni; il figlio prelevato con la violenza da scuola da bene 8 persone, collocato prima in una casa famiglia e, successivamente, proprio a quel uomo violento che continua anche a rifiutare ogni conciliazione e neppure le permette di ricevere una foto dal proprio figlio, oppure di inviargli un semplice regalo.
Le mamme chiedono appunto protezione anche all’interno dei tribunali penali, atteso che quando denunciano vengono sospese della responsabilità genitoriale perché le loro denunce vengono ritenute “strumentali e di pregiudizio per il minore” oppure accusate di “stalking giudiziario”, vengono rinviate a giudizio per calunnia e per maltrattamenti utilizzando anche la sindrome di alienazione parentale ritenuta ascientifica. Molte addirittura condannate nonostante siano vittime, senza aver commesso alcun reato. Mentre l’uomo violento viene “premiato”.
Ed allora, come si difendono le donne se chi ha il compito, il dovere di proteggerle e tutelarle sono proprio coloro che perpetuano ulteriore violenza?
Ed ancora molto spesso nei tribunali penali le accuse che vengono rivolte nei confronti delle mamme sono quelle di essere “simbiotiche, rapporto fusionale”, senza valutare che tra madri e figli c’è solo amore e le stesse cercano solo di proteggerli dai padri violenti.
E’ innegabile che le violenze vengono perpetrate sia da uomini che da donne, ma nel caso degli allontanamenti dei figli dalle mamme (mai si è assistito alla richiesta di collocamento in casa famiglia da parte di una madre) molte volte nelle relazioni e sentenze viene riportato (oltre alle accuse di Pas) che un figlio deve necessariamente crescere con entrambi i genitori perché altrimenti potrebbe avere dei danni irreversibili. E quindi, secondo la ideologia dei tribunali “ la soluzione” per far recuperare un rapporto affettivo padre-figlio, ossia tra un figlio terrorizzato dal padre violento e lo stesso padre, “ occorre” mandare 10, 20, 30 persone, sfondare porte, bloccare la madre e parenti con la violenza, alzare di peso un bambino/a mentre piange disperato/a e chiede di restare con la propria mamma, trascinarlo/a all’intero dei propri appartamenti, dagli ospedali, dalle scuole, per le strade, rinchiuderlo/a in una auto di servizio, e collocarlo/a in una casa famiglia.
Da qui in poi non avrà più rapporti e contatti specialmente con la madre, con il resto della famiglia con cui è cresciuto felice e sereno. Non potrà più incontrare amici e parenti, non potrà più praticare lo sport, partire per l’estero, studiare anche altre lingue. Il piccolo/a subirà un regime al 41 bis, oltre ai maltrattamenti.
Avete provato a pensare come possono sentirsi questi bambini allontanati con la massima violenza dalle loro madri, quelli rinchiusi in casa per mesi con il terrore di uscire per non essere prelevati con la violenza, quelli nella case famiglia isolati e maltrattati?
Ed allora si chiedono le mamme come si può parlare di “supremo interesse del minore”, ossia quello che viene sancito nelle sentenze e ordinanze per allontanarle dei propri figli? Come si può pensare che con la violenza si possa far recuperare un rapporto affettivo? Risposte elementari che purtroppo ancora non hanno avuto una giusta risoluzione, perché la risposta le mamme la conoscono molto bene.
Le violenze che subiscono sono ben consapevoli, dove nulla c’entra la formazione.
Accade anche che in ambito penale, quando le donne denunciano si vedono archiviate le loro denunce querele corredate da fonti di prova granitiche, piene di documentazione, per il semplice motivo che vengono depositati atti civili con la decadenza della responsabilità genitoriale (non per reati commessi, ma semplicemente ritenendoli inadeguate, alienanti ed altri costrutti ascientifici) e/o l’affido del figlio in casa famiglia o da quell’uomo accusato di violenze e maltrattamenti, motivazioni oggettivamente nella totale violazione delle normative che nulla hanno a che vedere con le condotte di rilievo penale del padre violento.
Diversamente quando è l’ex marito violento a denunciarle, i procedimenti vanno avanti fino alla condanna della vittima, molto spesso accusata anche della alienazione parentale e costrutti ascientifici simili.
Alla stessa maniera in ambito civile molto spesso vengono depositate le archiviazioni delle donne che hanno avuto il coraggio di denunciare cercando di dimostrare che le denunce sono totalmente infondate per diffamare ulteriormente la vittima. Ed inoltre vengono depositate, dall’uomo violento, i rinvii a giudizio o le condanne della vittima che si cerca in tutte le maniere di farla passare come carnefice.
Ed allora, come si ci si difende dall’uomo violento e dalla violenza istituzionale, in una situazione drammatica così ben strutturata come avviene nella maggior parte dei tribunali civili, penali, nei tribunali per i minorenni e nelle Corti d’Appello?
Un femminicidio non avviene da un giorno all’altro, ma è una premeditazione, il culmine di una escalation di violenze molte volte durate anni ed anni.
E da allora non si comprende come sia possibile che all’interno dei Tribunali le numerosissime figure “ professionali” non si siano rese conto di trovarsi davanti a un uomo violento. Sappiamo bene, purtroppo, che le violenze maschili vengono ritenute semplici “conflitti”, e, soprattutto, occultate, insabbiate, ribaltate.
Ed è proprio il Parlamento Europeo con la risoluzione del 6 ottobre a sottolineare che la violenza trascurata può portare a femminicidi ed infanticidi.
Il Parlamento europeo specifica che “in alcuni Stati membri la violenza da parte del partner nei confronti delle donne è spesso trascurata e che nelle cause di affidamento dei minori, visite, contatti e accordi e decisioni in materia di visita sembra che le sentenze comunemente emesse prevedano l’affidamento condiviso o la autorità genitoriale condivisa; che il fatto di trascurare tale violenza porta a conseguenze disastrose per le donne e bambini che possono aggravarsi e sfociare in femminicidi e/o infanticidi; che le vittime di violenza da parte del partner necessitano di speciali misure di protezione; che è pertanto essenziale tenere pienamente conto di questo tipo di violenza al momento di decidere in merito agli accordi di separazione ed affidamento e affrontare le accuse di violenza prima delle questioni relative all’affidamento e alle visite; che i giudici degli Stati membri dovrebbero garantire che sia eseguita una valutazione globale nel rispetto del principio “ dell’interesse superiore del minore”, al fine di determinare i diritti di affidamento e di visita, nell’ambito della quale il minore sia ascoltato”.
Ed ancora “considerando che sistematicamente le valutazioni dei rischi da parte delle Autorità di contrasto nella maggior parte degli Stati membri non comprendono le informazioni fornite dai minori in merito alle loro esperienze di violenze da parte del partner”.
Ed ecco che le mamme sono scese in piazza, tutte le donne unite, al fianco anche di uomini, padri straordinari, perché non dobbiamo dimenticare quanti ne sono, per chiedere quella protezione e quella giustizia fino ad oggi negata. Nella piazza Cairoli si sono ritrovati avvocati come Lorenzo Stipa, Giulio con la moglie, la nonna Simonetta (chiusi in casa dal 4 giugno per un decreto di allontanamento del nipote), la attivista femminista Pina Nuzzo, la giornalista Arianna Cigni ed altri.
“Istituzioni, non vogliamo morire, ascoltateci e ridate i nostri figli, così concludono la giornata della eliminazione contro la violenza sulle donne.
Per le mamme è una morte in vita, senza i loro figli.