Il ritratto che emerge dal 56esimo rapporto Censis sulla situazione sociale italiana è quello di un Paese malinconico, terrorizzato dalla paura della guerra e dall’inflazione, che costringe a erodere i risparmi e pagare le bollette in ritardo. Un Paese che “vive in uno stato di latitanza”. “Il nostro Paese, nonostante lo stratificarsi di crisi e difficoltà, non regredisce grazie allo sforzo individuale, ma non matura”, ha sottolineato l’Istituto, osservando che “l’Italia non cresce abbastanza o non cresce affatto” e “la macchina amministrativa pubblica è andata fuori giri e così non sarà in grado di trainare la ripresa”.
Le persone soggette a rischio povertà o esclusione sociale nel 2021 sono state pari al 25,4% della popolazione (più di uno su quattro). Questi individui sono per il 41,2% residenti nel Mezzogiorno, per il 33,9% sono appartenenti a famiglie in cui il reddito principale è quello pensionistico e per il 64,3% sono membri di famiglie che percepiscono “altri redditi”, dei quali 56,6% si qualifica anche come individuo a bassa intensità lavorativa. Inoltre viene nuovamente sorpassata la soglia del 40% nel caso di individui appartenenti a famiglie in cui almeno un componente non è italiano (42,2%) o dove vivono tre o più minori (41,6%). Nel 2021 le famiglie che vivono in condizione di povertà assoluta sono state più di 1,9 milioni, ovvero il 7,5% del totale e un milione in più rispetto al 2019.
Gli italiani temono l’aumento dell’inflazione. Infatti oltre il 64% sta già utilizzando i risparmi per fronteggiare i rincari dei prezzi. Quasi in totale degli italiani (92,7%), è convinto che la crescita dell’inflazione durerà a lungo e che bisogna iniziare a ragionare su come difendersi. Il 76,4% pensa che non potrà contare su aumenti significativi delle entrate familiari nel prossimo anno, il 69,3% ha paura che nei prossimi mesi il proprio tenore di vita si abbasserà e ben il 64,4% sta già ricorrendo ai propri risparmi per far fronte all’inflazione.
Il Censis sottolinea che l’indice armonizzato dei prezzi al consumo è aumentato nel primo semestre del 2022 del 6,7% rispetto al primo semestre dell’anno precedente. Nello stesso periodo, le retribuzioni contrattuali del lavoro dipendente a tempo pieno sono aumentate solo dello 0,7%. L’inflazione però non colpisce solo i redditi fissi o tendenzialmente stabili nel medio periodo, ma incrementa anche la forbice della disuguaglianza tra le diverse componenti sociali: le famiglie meno abbienti si confrontano con un incremento medio dei prezzi pari al 9,8%, mentre per le famiglie più agiate l’aumento è del 6,1%, quasi 4 punti percentuali in meno.
Questa disparità discende dalla diversa dinamica dei prezzi dei beni che pesano in particolare sulle famiglie meno abbienti. Tra il 2012 e il 2021, l’andamento dei prezzi ha riflettuto le conseguenze di una fase deflattiva per l’Italia (in media 0,7% annuo), caratterizzata per lo più da una moderazione salariale che ha rimosso qualsiasi rischio di innesco della spirale prezzi-salari. Secondo il Censis gli attuali livelli di inflazione potrebbero incidere profondamente sul potere d’acquisto delle famiglie.
Tra le maggiori fonti di preoccupazione per le famiglie italiane c’è la crisi energetica. Dal rapporto emerge: per il 33,4%, e la percentuale arriva al 43% tra le famiglie in una bassa condizione socio-economica, le più colpite dall’aumento dei costi incomprimibili. Il 6,5% delle famiglie italiane era in ritardo con il pagamento delle bollette (dato in linea con la media europea) nel 2021. Molto numerosi sono gli italiani che dichiarano di non riuscire a riscaldare in modo adeguato la propria casa: l’8,1% delle famiglie, un dato superiore di 1,2 punti percentuali al dato europeo.
Si legge nel rapporto che ben il 61,1% degli italiani teme che possa scoppiare un conflitto mondiale e il 57,7% che l’Italia possa entrare in guerra. In generale, secondo lo studio, il 66,5% degli italiani si sente insicuro. I più importanti rischi globali percepiti sono: la guerra (46,2%), la crisi economica (45,0%), virus letali e nuove minacce biologiche alla salute (37,7%), l’instabilità dei mercati internazionali (26,6%), gli eventi atmosferici catastrofici (24,5%), gli attacchi informatici su vasta scala (9,4%).
“Se quella del 2020 non sembra un’Italia sull’orlo di una crisi di nervi – ha detto nel corso della presentazione del rapporto Massimiliano Valerii, direttore generale del Censis – oggi invece si paga un prezzo dell’irruzione della storia nelle nostre piccole storie e quei meccanismi proiettivi hanno perso presa sulla società e forza di orientamento nei comportamenti collettivi”.
Erica Lucia Noli