AGI – Topolino, Vespe, 500, Duetto e altri modelli iconici dell’industria automobilistica italiana e non solo, rischiano di rimanere in garage a causa dell’ordinanza del sindaco di Roma dello scorso dicembre che stabilisce il divieto di circolazione dei mezzi più inquinanti nell’area Ztl. Atto che si integra con il Piano per il risanamento della qualità dell’aria, aggiornato in relazione alla qualità dell’aria “sulla cui base Roma Capitale rientra le zone di maggiore criticità”. Così il Comune si è trovato a emanare norme restrittive al fine di contenere l’inquinamento in città, mettendo progressivamente al bando le auto più inquinanti, benzina e diesel, nella zona della Ztl Fascia Verde e Ztl Anello Ferroviario, compresi i cosiddetti pre euro 1, ovvero le vetture storiche immatricolate da più di 20 anni.
L’ordinanza elenca anche una serie di deroghe al divieto per i mezzi delle forze dell’ordine, del servizio pubblico, i mezzi per il trasporto dei rifiuti urbani, le auto del servizio diplomatico (CD), quelle della Città Stato del Vaticano e quelle autorizzate in occasione di particolari cerimonie. Esemplificato, Sergio Mattarella potrà ancora usare la Lancia Flaminia per la tradizionale parata del 2 giugno. La decisione ha fatto saltare sulla sedia l’Automotoclub storico italiano (Asi), la sigla che raccoglie circa 260mila appassionati in tutta Italia che due giorni fa ha presentato il ricorso al Presidente della Repubblica insieme a Registri Storici Alfa Romeo, Fiat, Lancia e Federazione Motociclistica Italiana.
“Abbiamo avuto un’interlocuzione il capo di gabinetto di Gualtieri per spiegare le nostre ragioni, l’importanza di studiare alcune deroghe e poi abbiamo aspettato fino all’ultimo, e prima della scadenza dei termini, abbiamo presentato il ricorso” a dirlo all’AGI, Alberto Scuro, presidente dell’Automotoclub Storico Italiano che aggiunge “i veicoli storici oltre a essere pochi, fanno poca strada e le deroghe che chiediamo non riguardano i giorni feriali. Per noi devono promuovere il turismo lento, la cultura italiana, i territori, non sono veicoli che usiamo per andare a lavorare”.
A dare i numeri di questi veicoli considerati “storici” dalla legge, perché immatricolati da più di vent’anni, in Italia rappresentano lo 0,25% del totale e fanno solo lo 0,014% dei chilometri percorsi dai veicoli d’uso quotidiano. A Roma circolano oltre 4 milioni di veicoli ma quelli storici registrati alla motorizzazione sono 9.945, una quota pari allo 0,25% del totale, che percorrono annualmente lo 0,014% dei chilometri percorsi dai veicoli d’uso quotidiano.
Non è però la prima volta che la questione arriva all’attenzione del Quirinale. Già lo scorso marzo il Presidente della Repubblica aveva accolto un ricorso dell’Asi contro un divieto simile introdotto dalla Regione Piemonte. “Il Capo dello Stato ha già chiarito che i veicoli storici sono una risorsa e non possono ai fini della circolazione essere considerati solo come i veicoli più inquinanti. Non possono essere equiparati a veicoli vecchi” ha spiegato Scuro che ha aggiunto “ci siamo appellati affinché questa risorsa nazionale possa rimanere in vita e un patrimonio non vada disperso. C’è tutto un mondo economico che si muove intorno alle auto storiche, c’è un indotto che lavora”. Un volume di affari che nel 2018 aveva toccato 2,2 miliardi di euro per attività di acquisto, mantenimento, turismo, noleggio.
Dall’Automobile Club Italiano (Aci) sono più cauti sulle deroghe proposte dall’Asi. E’ presidente di ACI, Angelo Sticchi Damiani a fare una sua proposta all’AGI “la soluzione non può essere quanto finora proposto, ovvero consentire l’accesso ai centri urbani a tutti i veicoli dotati del certificato di rilevanza storica, in quanto lo stesso viene rilasciato a ogni auto che abbia compiuto 20 anni, se ben conservata, indipendentemente dal modello – ha detto – è fondamentale una selezione più efficace autorizzando l’ingresso nei centri urbani ai soli modelli elencati nella Lista di Salvaguardia, redatta da ACI Storico in collaborazione con autorevoli esperti e le più rappresentative sigle del settore.
Con questo criterio stringente e oggettivo, avrebbero semaforo verde solo il 20% delle auto che nell’ultimo triennio hanno conseguito il certificato di rilevanza storica annotato sul documento di circolazione”. Grazie al precedente della Regione Piemonte c’è ancora speranza per vedere in centro le auto e le moto che hanno fatto la storia del nostro paese, ma bisognerà attendere la pronuncia del Presidente Mattarella.