Aveva 79 anni compiuti lo scorso novembre. Domenica era stato ricoverano al reparto Cardiologia del Brotzu di Cagliari. La diagnosi di infarto però rimandava alla necessità di un intervento operatorio. Non è riuscito a superare questa crisi. Prima delle otto di sera di lunedì 22 gennaio Gigi Riva è deceduto.
La sua leggenda sportiva resta legata ai suoi meriti di calciatore che quasi in solitudine fonda la forza di un intero collettivo in una squadra considerata sempre provinciale: il Cagliari. E col Cagliari vinse il leggendario scudetto del 1970. Aveva con sé Albertosi, il portiere, il mediano Cera e Boninsegna, l’altro attaccante. Il resto tutti comprimari. Eppure riuscì a strappare lo scudetto ai tempi in cui giocavano il Milan e l’Inter vincitrici di competizioni europee e mondiali, oltre che la Juventus, sempre vincitrice in Italia.
Tutto questo fu reso possibile grazie al suo carisma, oltre alla capacità di trascinare la squadra, ma soprattutto di non mollare mai su ogni palla che arrivava dal centrocampo e di predisporsi nell’impostazione della azione offensiva.
In nazionale viene ancor ricordato come capocannoniere con trentacinque gol. Merito che gli dette un incarico speciale nella federazione. I bambini del tempo lo ricordano ancora con emozione per la partita rimasta nella Storia del Calcio, Italia Germania 4 -3. E dopo con la finalissima, sempre nel Mondiale in Messico, Italia Brasile 1 – 4. Ma quello era anche il Brasile di Pelé e con lui tra i più grandi calciatori di sempre.
Altro motivo per cui rimase nella leggenda fu il gran rifiuto che pose all’offerta di giocare nella Juventus che aveva offerto un miliardo di lire per acquistarlo dal Cagliari.
Nelle rare apparizioni televisive ancora esprimeva il magnetismo e lo spessore di un grande interprete della Storia.