Un uomo di circa 70 anni ha aggredito lo scrittore durante la presentazione del suo libro sul ‘Mein Kampf’ di Hitler
ROMA – Stefano Massini è stato aggredito al Salone del libro di Torino. Un uomo lo ha strattonato per il bavero della giacca, lo ha spintonato e gli ha urlato in faccia: “Hitler aveva ragione, voi comunisti senza contraddittorio camuffate la storia e la state riscrivendo. Ma ora finalmente possiamo dire la verità”. L’uomo, di circa 70 anni, ha aggredito lo scrittore e autore, firma del quotidiano Repubblica, e volto noto televisivo per i suoi racconti del giovedì nella trasmissione Piazzapulita su La7. Al Salone del Libro stava presentando la sua opera ‘Mein Kampf. Da Adolf Hitler’ sull’ascesa del nazismo. Necessario l’intervento della sicurezza per allontanare l’uomo.
LA SINOSSI DEL LIBRO
Scriveva Primo Levi che niente è più necessario della conoscenza per evitare il ripetersi della tragedia, soprattutto se essa prende forma lentamente nella progressiva seduzione delle masse. A un secolo di distanza da quando Adolf Hitler dettava il suo manifesto politico in una cella di Landsberg am Lech, quelle pagine sono diventate uno dei simboli del male assoluto, e come tali sottoposte all’anatema laico che ne ha fatto un libro proibito. Ma questo cono d’ombra, figlio di una freudiana rimozione, ha contribuito ad accrescerne la mitologia fino a quando, nel 2016, la Germania ha deciso di consentirne nuovamente la distribuzione in libreria proprio per smontarne la leggenda e percepirne gli echi nel presente, con la consapevolezza che niente può distruggere l’orrore più del senso critico, e dunque la riconversione del mostro nei perimetri della realtà. Sì, perché ‘Mein Kampf’ è in fondo solo l’autobiografia di un trentacinquenne delirante alla ricerca di capri espiatori e di sfoghi esistenziali, con l’aggravante però di una spiccata propensione all’empatia, agli albori di un Novecento che nel carisma avrebbe eletto la propria apoteosi. Da questa formula, ripetibile e tuttora emulata a ogni latitudine, discende l’urgenza di confrontarci ora piú che mai con un testo mai morto, capace di riproporsi sotto marchi e colori diversi soprattutto in un’epoca in cui la propaganda si è ramificata online, e ci raggiunge ormai capillarmente.