Parole racchiuse nei verbali dell’interrogatorio nel carcere di Verona, diffusi dalla trasmissione ‘Quarto Grado’
ROMA – Giulia Cecchettin voleva scoprire nuove persone, nuove cose. Si stava creando nuove relazioni. “Abbiamo iniziato a discutere, mi ha detto che ero troppo dipendente, troppo appiccicoso. Voleva andare avanti, si stava sentendo con un altro ragazzo. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. È scesa dalla macchina gridando: Lasciami in pace“. Pochi istanti dopo “l’ho uccisa guardandola negli occhi“. Questa la confessione di Filippo Turetta, attraverso cui racconta il femminicidio dell’ex fidanzata Giulia Cecchettin, 22 anni, uccisa a coltellate l’11 novembre 2023. Parole racchiuse in un verbale, diffuso dalla trasmissione ‘Quarto Grado’.
GIULIA CECCHETTIN, COSA È SUCCESSO L’11 NOVEMBRE 2023
Dopo aver fatto un giro in un centro commerciale “siamo tornati verso casa di Giulia, ma ci siamo fermati in un parcheggio (a 100 metri dall’abitazione della famiglia Cecchettin, ndr), a Vigonovo, per non farci vedere”, ha raccontato Turetta. “Mi ha detto che ero troppo dipendente, voleva andare avanti. Io volevo darle un regalo, una scimmietta mostriciattolo. Con me avevo uno zainetto che conteneva altri regali. Un’altra scimmietta di peluche, una lampada piccolina, un libretto d’illustrazioni per bambini intitolato ‘I mostri si lavano i denti’”. Un libro che “lei si è rifiutata di accettare. Abbiamo iniziato a discutere. Mi ha detto che si stava sentendo con un altro ragazzo. Ho urlato che non era giusto, che avevo bisogno di lei, che mi sarei suicidato. Lei ha risposto che non sarebbe tornata con me. È scesa dalla macchina gridando: ‘Sei matto, vaffanculo lasciami in pace’. Ero molto arrabbiato”.
Subito dopo, Turetta ha preso un coltello e l’ha riconcorsa: “l’ho afferrata per un braccio. Lei urlava ‘aiuto’ ed è caduta. Mi sono abbassato su di lei, le ho dato un colpo sul braccio, l’ho presa per le spalle mentre era per terra. Lei resisteva, ha sbattuto la testa. L’ho caricata sul sedile posteriore” e poi “l’ho colpita guardandola negli occhi“.
Durante il sequestro in macchina “ha iniziato a dirmi ‘sei pazzo, lasciami andare, cosa stai facendo’. La tenevo ferma con un braccio. Ho provato a metterle lo scotch sulla bocca. Si dimenava, è scesa ed ha iniziato a correre. Anche io sono sceso. Avevo due coltelli nella tasca in auto dietro al sedile del guidatore. Uno l’avevo lasciato cadere a Vigonovo: ho preso l’altro e l’ho rincorsa. Continuava a chiedere aiuto, le ho dato, non so, una decina, 12 o 13 colpi col coltello, volevo colpirla al collo alle spalle sulla testa sulla faccia e poi sulle braccia. Mi ricordo che era rivolta all’insù verso di me. Si proteggeva con le braccia dove la stavo colpendo”. L’ultima coltellata “l’ho data sull’occhio”. I coltelli “ce li avevo in auto perché avevo pensieri suicidi”. Turetta ha caricato il corpo di Giulia senza vita in macchina, abbandonandolo in una zona isolata vicino al lago di Barcis. “Ho bevuto sambuca ed ho fumato, pensavo che sarebbe stato più facile suicidarmi con un sacchetto a soffocarmi, ma non ci sono riuscito“.
Poi la fuga in Germania. “Ho visto l’appello dei miei genitori, mi sono rassegnato a non suicidarmi più. Così ho deciso di farmi arrestare“.