La Suprema Corte di Cassazione è intervenuta in materia di lavoro nero di colf, badanti e collaboratori domestici in genere. Una vera piaga del settore, che secondo le statistiche nazionali, basti pensare che secondo i numeri più della metà degli addetti del settore non è regolarizzato.
Un lavoratore in nero è illegale, e lo è anche nel lavoro domestico. La Cassazione si è pronunciata offrendo una mano ai lavoratori che vogliono fare emergere la loro mancata regolarizzazione contrattuale da parte del proprio datore di lavoro.
Dopo questa sentenza si potrà incastrare il datore di lavoro che non vuole mettere in regola. Un lavoratore senza contratto, anche tra i domestici, non si vede tutelati i propri diritti. Basti pensare che, senza contributi, non si ha diritto a percepire la Naspi al termine del rapporto di lavoro. Senza contributi, non si ha diritto a ricevere la pensione sul periodo di lavoro svolti, ma non regolamentato.
In poche parole il lavoratore per entrare in possesso di prove da utilizzare per denunciare il fatto che il suo datore di lavoro non la assume, può registrare tutto tramite audio e video riprese. Naturalmente all’insaputa del datore di lavoro. Grazie alle riprese, oltre che denunciare alle competenti autorità l’illegalità portata avanti dal suo datore di lavoro, il lavoratore potrà chiedere arretrati, buonuscita, ferie, versamento dei contributi e così via.
Il problema principale è la normativa sulla privacy. Anche su questo aspetto la sentenza è piuttosto chiara. Infatti la Cassazione nel liberare il lavoratore da vincoli in materia di registrazioni, impone due condizioni che vanno necessariamente rispettate per validare le riprese anche in sede di contenzioso dinnanzi al giudice del lavoro. Per evitare la violazione della normativa vigente sulla privacy, occorre seguire due regole per le registrazioni.
Giuliano Borgna