Con l’esplosione del coronavirus, è decollato anche lo smart working che da strumento cui siamo dovuti ricorrere per superare la fase di emergenza, in un futuro non lontano, potrebbe accompagnarci in pianta pressochè stabile anche una volta terminata la necessità di limitare gli spostamenti. Lo aveva detto pochi giorni fa la Ministra del Lavoro Nunzia Catalfo unitamente alla promessa di “normarlo” e rafforzarlo così che possa essere, in un futuro ormai prossimo, utilizzato di più.
Centrale nella fase della piena emergenza, lo smart working continuerà a fare da perno anche alla Fase 2 che entra oggi ancora più nel vivo che nei giorni scorsi.
Nella conferenza stampa di sabato sera a Palazzo Chigi, il Premier Conte ha ribadito che stiamo andando incontro a un “rischio calcolato”, ma ormai non più rimandabile. Qualora la curva dei contagi dovesse risalire, la retromarcia è già pronta. La posizione del Governo è chiara ormai da tempo: riaprire sì, ma con la massima sicurezza per tutti. Per questo ci si muove sul doppio binario, della tutela dei lavoratori da un lato, e della necessaria ripresa delle attività produttive, evitando però il rischio di ripiombare nell’incubo, vanificando tutti gli sforzi.
Per questo nel DPCM del 18 maggio il Governo invita al “massimo utilizzo” dello smart working, laddove ovviamente le condizioni lo permettano. Almeno, fino al termine dello stato di emergenza, ovvero fino al prossimo 31 luglio
Non solo lavoro agile: centrale è il capitolo sul mantenimento delle condizioni igieniche all’interno delle aree di lavoro, la sanificazione regolare degli ambienti, insieme alla necessità di limitare possibili contatti con persone esterne all’azienda e una particolare attenzione alle aree comuni. E ancora: controllo della temperatura all’ingresso, scaglionamento degli orari.
L’esecutivo invita anche a incentivare ferie e congedi retribuiti per i dipendenti nonché gli altri strumenti previsti dalla contrattazione collettiva.
Liliana Manetti