I rincari meno evidenti nelle percentuali sono quelli più sensibili nelle tasche dei consumatori perché si riferiscono a beni di più alto consumo. Le indicazioni si evidenziano in beni come il pane (+15,9%), ma anche di latte conservato (+29,4%), margarina (+28,2%), vegetali freschi (+25,1%), farina (+23,7%).
In un anno è quasi triplicato il costo dell’energia. La voce è sempre stata in cima all’interesse degli osservatori economici ma la crescita di quasi quattro volte i volumi di un anno esatto fa non se li aspettava nessuno. L’effetto della guerra ha rappresentato un acceleratore, anche se il dato è molto discusso. Più che altro, ha costituito una motivazione concettuale per operare rincari che non hanno giustificazione sul piano degli approvvigionamenti e delle disponibilità. Questa è la polemica. In mezzo ci sta la vita delle persone e questa non è migliorata.
Se ne accorgono anche quelli che viaggiano, per piacere o per lavoro. I voli internazionali nel corso dell’anno hanno segnato il 113,2% di aumento. I prodotti base al supermercato sono quelli più oggetto di inflazione: burro (+42,9%), zucchero (+35,9%), riso (+30,6%) e anche l’olio non d’oliva (+56,1%).
È l’Unione dei Consumatori che ha stilato questa classifica e chiede conto. Il riferimento è, come al solito il governo della repubblica, a cui si danno consigli per limitare i danni.
Primi tra questi, il rinvio della fine scadenza del mercato tutelato del gas prevista per il primo gennaio 2023, 2 mesi appena, e che intervenga anche su quello della luce, visto che per le micro-imprese scade il primo gennaio 2023.
Il governo più difficile da svolgere è quello della concatenazione nell’aumento dei prezzi. Operazione per altro impossibile in un regime liberale. Ma questo chiede l’Unione dei Consumatori secondo i quali c’è stato un balzo del 3,5% in appena un mese.
Il dato deriva da altri indicatori di consumi più diffusi. In testa a tutti, la pasta (fresca, secca e preparati di pasta): +22,5%. Seguono le uova (+18,7%), il latte fresco parzialmente scremato (+18,3%), pollame (+18%), vegetali surgelati (+15,3%) e del latte fresco intero (+14,8%).
Ma al di là delle percentuali il dato che bisogna evidenziare guarda al volume dei consumi generale che non vede grandi incrementi. Segno che nelle famiglie ordinarie si è tagliato proprio sulla spesa per i beni primari di sussistenza.