Ha fatto della sua passione di bambino una solida attività imprenditoriale con la sua scuola “Così si Balla” e da anni insegna agli italiani i passi e i ritmi dei più famosi balli latino-americani, soprattutto salsa e bachata. E’ il venezuelano Josè Castro, un under 40 già affermatosi come uno dei più prestigiosi maestri di ballo in Italia che incontriamo dopo una delle sue lezioni per capire aspetti e segreti della sua professione e di un fenomeno, quello dei balli latino-americani, che riscontra sempre più successo nella Capitale ma non solo.
Come hai cominciato a ballare e perché?
Ho cominciato a ballare salsa tra la prima e la seconda media, all’età di dodici anni perché la danza rappresentava un elemento importante della cultura del mio quartiere di Caracas. Dopo le lezioni c’era il doposcuola, la cosiddetta matinè, ed i ragazzi un po’ più grandi organizzavano delle feste danzanti. Lì ho mosso i primi passi, spinto dal desiderio di entrare in quell’ambiente e anche di fare nuove conoscenze. Da allora sono passati circa 22 anni ed il ballo ha sempre fatto parte di me.
Come si è sviluppato il tuo percorso?
Ho deciso di frequentare un’accademia di ballo e poi una scuola giovanile dotata di una compagnia nella quale sono successivamente entrato e che mi ha permesso di visitare in tour, dal 2008, diversi paesi in Europa e in America Latina. Imagen Latina e Son Rumbero sono le prima due compagnie nelle quali ho lavorato; nella prima ballavo salsa portoricana mentre nella seconda salsa cubana. La situazione difficile nel Venezuela mi ha spinto ad emigrare portando con me un bagaglio prezioso rappresentato da circa 12 anni di ballo e dall’esperienza di maestro.
Quali sono state le prime tappe del tuo viaggio?
Nel 2012 sono arrivato in Spagna a Malaga, mi sono spostato successivamente a Madrid e nel 2013 decido di imparare l’inglese e mi trasferisco a Bournemouth esercitando contemporaneamente la professione di maestro di ballo. Il 2014 è stato il mio primo anno in Italia nel quale decido di costruire a Roma una scuola sul modello di quella che avevo lasciato in Venezuela.
E nasce quindi il progetto “Così si Balla”
Si è stata una mia iniziativa che ha mossi i primi passi nel quartiere San Giovanni con un gruppetto di dieci, quindici ragazzi e all’interno di palestre sparse in tutta Roma. Oggi siamo in 12, di cui la metà latino-americani e abbiamo 4 sedi a Roma, 2 a Milano e a settembre sono previste due nuove aperture a Salerno e a Rimini. Il numero dei nostri tesserati è di circa 400 ma abbiamo l’obiettivo di raddoppiare nel 2023 questa cifra.
Quali sono stati i momenti difficili nel percorso di “Così si Balla”?
La pandemia è stato un brutto momento che ha rallentato la crescita della scuola. Eravamo circa 350 tesserati raggiunti nel giro di 4-5 anni e abbiamo ripreso con 50. E’ stato impegnativo risalire anche perché ci sono tante spese fisse dai locali, agli istruttori ai servizi.
Esistono differenze nell’insegnare salsa in paesi diversi?
Assolutamente si perché le culture fanno la differenza. Più il paese è culturalmente aperto allo spirito latino-americano più è facile insegnare. L’Italia in questo senso è il paese dove c’è più talento in tutta Europa e tanta richiesta e questo rappresenta uno dei motivi per i quali rimango. L’Inghilterra mi è stata molto utile per sviluppare il metodo che utilizzo oggi. Avevo infatti bisogno di una metodologia più severa, più quadrata e adatta a quel contesto nel quale alcuni movimenti non erano per nulla naturali e il livello medio molto più basso rispetto all’Italia. La salsa però non si balla solo nei paesi latini. Realtà come Polonia, Romania, Scandinavia e l’intera Asia sono molto interessanti.
Hai parlato prima dei progetti di crescita di “Così si Balla”. Stai cercando nuovi maestri?
Il metodo “Così si Balla” che ho perfezionato -è stato riconosciuto dal CSEN – Centro Sportivo Educativo Nazionale che conta circa 2 milioni di tesserati in tutte le discipline ed attualmente sono coordinatore nazionale di questo metodo nell’ambito delle danze caraibiche. Abbiamo già avviato dei corsi di formazione su 3 livelli, in base alle capacità e all’esperienza, destinati a tutti coloro che intendono insegnare o dispongono già di un diploma. È possibile poi operare in tutte le strutture ricettive o palestre e godere delle agevolazioni legate al Terzo Settore.
È una prospettiva professionale interessante e reale ?
Assolutamente si perché non c’è solo la lezione di gruppo ma ci sono anche persone che si preparano per presentare show in locali ed eventi, lezioni private, incarichi di animazione nei locali. Esiste un circuito di realtà con le quali è possibile lavorare. “Così si Balla” poi è una delle pochissime scuole in grado di offrire formazione ad altri maestri.
Quali sono le qualità umane e professionali che servono per fare l’istruttore di danze caraibiche?
Dal punto di vista professionale serve non solo ballare ma conoscere in modo approfondito la cultura per capire il perché di determinati movimenti, l’evoluzione della musica e del ballo. La parte teorica è importante perché l’insegnante senta ancora più sua l’interpretazione di danze che comunque provengono da un paese lontano. È come cantare l’inno nazionale comprendendone appieno le parole. Dal punto di vista umano, il maestro deve rendersi conto che ogni persona entra in sala con una motivazione diversa, dalla volontà di allargare il proprio cerchio sociale, alla necessità di fare attività fisica, alla voglia di ripartire dopo la fine di una relazione. Ci sono anche coppie che frequentano per cercare di dare nuova linfa al proprio rapporto attraverso un’attività da svolgere insieme. È quindi compito nostro creare un ambiente che sia in grado di soddisfare diverse esigenze trasmettendo la tecnica di ballo ma anche calore umano e spirito di gruppo.
Qual è l’aspetto che ti piace di più nel tuo lavoro?
Mi piace vedere le persone che si divertono ed è bello quando un allievo si dimostra curioso nel conoscere qualcosa di più della cultura che è alla base del ballo, dal testo di una canzone al perché di un determinato movimento. Un aspetto molto importante per me è il lavorare con una passione che mi porto dietro dall’adolescenza e che mi permette di mantenere il contatto diretto con la mia cultura, con il mio passato e con le canzoni che ascoltavo da piccolo.
Quali difficoltà incontri nel percorso di insegnamento?
A volte gli allievi non hanno continuità ed è difficile quando si saltano le lezioni riprendere il filo. L’equilibrio del corso cambia, ad esempio nel rapporto tra numero di uomini e donne e può mettere a rischio anche il percorso degli altri allievi. È necessario magari unire i gruppi con il rischio di creare disagi ed è per questo che stiamo cercando di modificare la nostra offerta con pacchetti “a stagione” da settembre a maggio e non mensili. Dispiace quando gli allievi mollano nel momento più bello perché più si impara e più ci si diverte.
Com’è il panorama legato ai balli latino -americani a Roma?
E’ molto bello ed in crescita costante e credo che il trend continuerà a lungo. Salsa e bachata non passeranno mai di moda.
Quali i ballerini ai quali ti ispiri?
Ce ne sono davvero tantissimi. Io mi ritengo un fanatico della complessità delle figure ed in quest’ottica c’è un ballerino cubano, Yanek Revilla, che mi piace molto. Appartiene alla vecchia scuola e ha contribuito tanto a cambiare il modo di rapportarsi alle figure. Nell’ambito della bachata tradizionale ammiro molto Evelyn La Negra che, da giornalista, ha cercato di raccogliere e sistematizzare le informazioni di un ballo nato in strada. Ha creato inoltre un percorso di formazione per maestri di bachata tradizionale al quale ho partecipato e per me lei resta un punto di riferimento.
Qual è il segreto per ballare bene le danze caraibiche?
Credo sia importante capire il linguaggio del corpo attraverso i movimenti e lo stile perché i passi, attraverso la biomeccanica del corpo possono venire ma la differenza è tra chi fa i passi in modo meccanico e chi li fa attraverso lo stile e la tecnica giusta e soprattutto seguendo la cadenza.