Futuro. Che tracce di noi lasceremo in futuro? In una delle sue tante interviste di questi ultimi tempi, Bill Gates ha posto anche questo quesito, mostrandosi, come al solito, piuttosto pessimista. Forse in questo caso con qualche ragione. Nel 1975 la NASA, (l’ente spaziale americano), lanciò due sonde verso Marte la Viking 1 e la Viking 2 che mandarono tutta una serie di informazioni che furono registrate sui nastri magnetici esistenti all’epoca. Solo dieci anni dopo nessuno alla NASA aveva più le conoscenze o il software per leggere quelle informazioni che per oltre il 20% andarono disperse per sempre. Questo è uno degli esempi citati da Vint Cerf, (l’informatico statunitense considerato insieme a Bob Kahn uno dei veri padri di Internet), per lanciare un ammonimento sul rischio che le informazioni che oggi vengono immagazzinate, digitalizzandole sui nostri computer, tra qualche anno potrebbero andare perdute, (quello che sostiene Gates); e ciò perché le apparecchiature digitali si degradano molto più facilmente di quanto si pensi, i messaggi a loro affidati durano un tempo relativamente breve addirittura meno di quelli conservati su terracotta o su carta. Il punto è che dopo un certo periodo di tempo i bit che codificano il materiale digitalizzato, rischiano di non poter più essere letti. Da qui la nascita di tutta una serie di progetti volti a realizzare meccanismi di immagazzinamento delle informazioni digitali che non degradino nel tempo, (o che degradino molto più lentamente). Una delle soluzioni individuate a livello scientifico è quella di utilizzare uno speciale tipo di quarzo per realizzare dischetti in simil-vetro in grado di mantenere informazioni digitali per milioni di anni. Questa tecnica, tuttora in fase di sperimentazione, ha comunque il difetto di essere estremamente costosa anche se è probabile che i costi possano calare se ne diffondesse l’uso. Un’organizzazione no profit, Long Now, che si occupa proprio della conservazione dei dati significativi della nostra civiltà per il futuro, ha poi elaborato un disco di nikel speciale in cui ha incamerato 13.000 pagine di informazioni linguistiche e cioè una serie di testi paralleli con le stesse parole in molte lingue diverse. Il nome di questo apparecchio? La Rosetta, con un voluto richiamo alla stele di Rosetta, la storica ‘chiave‘ che ha risolto dopo millenni il mistero della scrittura egizia.
Architettura. La monarchia saudita ha annunciato una serie di avveniristici progetti nel campo dell’edilizia che potrebbero rivoluzionare l’architettura urbana del futuro, tra questi forse quello che ha più attirato l’attenzione di esperti e opinione pubblica è il Mukaab. Un grattacielo a forma di cubo perfetto con un lato di quattrocento metri; un volume di circa due milioni di metri quadrati di spazi commerciali e residenziali cosa che lo renderebbe, e di gran lunga, il più grande edificio urbano del mondo. All’interno dell’edificio dovrebbe sorgere una torre residenziale la cui costruzione ricorda vagamente la Torre Eiffel e che sarebbe circondata da aree verdi, percorsi pedonali e aree ciclabili. L’annuncio della nuova costruzione è stato dato pochi giorni fa dallo stesso sovrano saudita che ha fissato anche una data molto sfidante per la sua completa realizzazione: il 2030.
Di Mauro Masi – Adnkronos.