È la prima uscita pubblica di Draghi dopo la sua fase da presidente del Consiglio. Nell’università dove ha guadagnato il dottorato Draghi fa la summa del pensiero pensiero che l’Occidente vuole ascoltare.
L’occasione è quella della consegna del premio Miriam Prozen Pride a lui conferito. Mario Draghi entra nel tema delle inquietudini che attraversano il mondo e sancisce con una rassicurazione dicendo che le banche saranno all’altezza della situazione. Ma avverte: “L’inflazione sarà più duratura del previsto. Kiev deve vincere, la vittoria della Russia sarebbe fatale per l’Europa”.
E sembra un secolo da quando questa eminente personalità mondiale era anche il presidente del Consiglio.
Ma è anche vero che i problemi di accentuano invece di risolversi. Primo fra tutto la questione della guerra in Ucraina. E prospetta un mondo diverso e migliore alla fine delle ostilità: “quando le conseguenze a lungo termine della guerra diventeranno visibili, l’economia sarà molto diversa da quella a cui siamo stati abituati”. Ed allora l’ex presidente guarda all’unità delle forze di governo a cominciare dall’Europa.
Al Mit Golub Center for Finance and Policy arriva un messaggio di fiducia: “le banche centrali riusciranno a riportare il tasso di inflazione ai loro obiettivi”.
Ma con una chiara consapevolezza: tornando sulla guerra russo-ucraina e sulle tensioni su Taiwan le tensioni “continueranno a pesare sul tasso di crescita potenziale dell’economia globale”.
Il tema passerà quindi dalla resilienza alla fase critica al reshoring – espressione con la quale si definisce il fenomeno auspicato del rientro delle attività nelle loro sedi nazionali da cui sono partite. Un fenomeno inevitabile che aiuterà le economie occidentali ma non a placare l’inflazione. Infatti se, da una parte, l’effetto di far rientrare a casa le imprese, dall’altro si assisterà a un rialzo dei prezzi.
E tutto l’ottimismo con cui presenta la sua prossemica come i valori di cui è portatore viene temperato dall’analisi obiettiva quando prevede da parte dei governi nazionali l’aumento dei deficit di bilancio.
Ma poi ci sono gli elementi critici diventati un tormentone: i cambiamenti climatici con la relativa “necessità di sostenere le catene di approvvigionamento”.
Draghi nazionale prevede allora grandi investimenti pubblici ma che – attenzione – “non possono essere finanziati solo attraverso aumenti delle tasse”.
Ed anche questi nuovi impieghi della spesa pubblica “eserciteranno un’ulteriore pressione sull’inflazione, oltre ad altri possibili shock dal lato dell’offerta derivanti dall’energia e da altri beni”.
L’ex presidente della Bce allora emette la sua profezia: “probabile che i tassi di interesse si mantengano più alti di quanto non fossero nell’ultimo decennio”. Ma con un monito implicito. Essendo bassa la crescita potenziale e più elevati i tassi di debito post-pandemia, le banche centrali non potranno essere la soluzione essendo la lotta all’inflazione il loro fronte.
Quindi la novità consiste anche nel nuovo ruolo delle banche centrali che acquisiscono maggiore capacità di interagire sulla crescita ed evitare controeffetti indesiderati.
La lezione dell’ex presidente Bce finisce, come era prevedibile, con un’assoluzione delle banche per consegnare il cerino delle responsabilità della gestione di questa fase ai governi che dovranno ripensare le rispettive fiscalità. “Vivere di nuovo in un mondo in cui lo spazio fiscale non è infinito, come sembrava essere il caso quando i tassi di crescita hanno sostanzialmente superato gli oneri finanziari”. Quindi un fisco teso a incoraggiare la crescita potenziale. Ma un monito importante per quelli che restano indietro in questa fase di grande cambiamento. Ma con una ultima (e unica) nota di positività che guarda all’intelligenza artificiale. Ma spiegare come e come questo possa avvenire è una pillola di conoscenza che il grande saggio italico non concede.