L’annuncio delle dimissioni al Corriere della Sera: “Non scendo in politica. Ma rivendico il diritto di parlare. Il livello di tassazione lo decide il legislatore, e se i soldi non bastano mai mi farei qualche domanda sul modo in cui vengono spesi”
ROMA – Il direttore dell’Agenzia delle Entrate Ernesto Maria Ruffini ha dato le dimissioni. “Il clima è cambiato”, annuncia intervistato dal Corriere della Sera. “Non scendo in campo, ma rivendico il diritto di parlare”, dice riferendosi alle polemiche che lo hanno investito dopo un suo intervento a un convegno all’Università Lumsa di Roma visto da alcuni come il preludio di una sua entrata in politica. Ruffini è uno dei cinque figli di Attilio Ruffini, più volte parlamentare e ministro della Democrazia Cristiana.
“Non condivido il chiacchiericcio che scambia la politica per un gioco di società, le idee per etichette ed il senso civico per una scalata di potere. Non scendo e non salgo da nessuna parte. Mi dimetto perché è l’unico modo per rimanere me stesso. Sono un avvocato che da tanti anni scrive e partecipa a incontri pubblici su ciò che ci unisce, come la Costituzione e l’uguaglianza. Ho letto però che parlare di bene comune sarebbe una scelta di campo. E che dunque dovrei tacere oppure lasciare l’incarico. La mia unica bussola in questi anni è stata il rispetto per le leggi e per il mandato che mi è stato affidato, perché il senso più profondo dello Stato è questo: essere al di sopra delle parti, servire il bene comune. Quello che è accaduto in questi giorni intorno al mio nome descrive un contesto cambiato rispetto a quando ho assunto questo incarico e anche rispetto a quando ho accettato di rimanere. Ne traggo le conseguenze”.
“In tutti questi anni non mi era mai accaduto – continua – È stata fatta persino una descrizione caricaturale del ruolo di Direttore dell’Agenzia, come se combattere l’evasione fosse una scelta di parte e addirittura qualcosa di cui vergognarsi. Se le cose stanno così, mi sono detto, che senso ha rimanere? Passo la mano, nessun problema”.
“Non essendo attaccato alle poltrone, non ho mai considerato il mio ruolo come una posizione da occupare, ma come un incarico da svolgere con lealtà, per servire non un partito o una parte politica ma le istituzioni, lo Stato, indipendentemente da chi sia al governo. Non mi era mai capitato di vedere pubblici funzionari essere additati come estorsori di un pizzo di Stato. Oppure di sentir dire che l’Agenzia delle Entrate tiene in ostaggio le famiglie, come fosse un sequestratore. Ho taciuto sinora, per senso dello Stato. Attenzione però: se il fisco in sé è demonizzato, si colpisce il cuore dello Stato; tanto più che il livello della tassazione lo decide il legislatore, non l’Agenzia. Personalmente ho sempre pensato che a danneggiare i cittadini onesti siano gli evasori”.
“Chi pensa che la politica sia fatta per occupare posti non le dà il mio stesso significato. La politica non è un posto dove sedersi. Anzi, impone di rimanere in piedi e camminare. Ed è fatta da ogni cittadino che crede nel bene comune, nella democrazia, nelle istituzioni. Io mi ritrovo in questo modo di essere cittadini. Per i valori con cui sono cresciuto, politica vuol dire innanzitutto avere a cuore la comunità in cui si vive. Un’avventura collettiva fondata su rispetto, dialogo e soprattutto partecipazione, perché ci si può impegnare anche senza avere ruoli, per semplice senso civico: non occorre diventare giardinieri per prendersi cura dell’aiuola davanti a casa”.
Ruffini rivendica il lavoro svolto. Si dice orgoglioso “del calo dell’evasione, che è scesa di circa il 30 per cento, e parallelamente dei record di recupero che abbiamo stabilito, fino a superare i 31 miliardi incassati in un solo anno. A volte sembra quasi che contrastare gli evasori sia una colpa e ci si preoccupi più di questo che degli ospedali che chiudono, delle scuole che non hanno fondi o della carenza di servizi perché le risorse sono insufficienti. Lo ripeto, se tutti contribuissimo in ragione della nostra condizione economica, tutti pagheremmo meno (molto meno) e avremmo la concreta possibilità di avere a disposizione servizi migliori”. “Ho cercato di fare il possibile affinché, anche grazie alla tecnologia, fosse più facile individuare gli evasori, abbassare la pressione fiscale e così pagare meno tasse. Oggi dal punto di vista tecnico questa possibilità c’è. Comunque, spetta alla politica decidere come e dove spendere le risorse. E se quelle a disposizione aumentano ma i soldi non bastano mai, forse dobbiamo iniziare a porci qualche domanda sul modo in cui vengono impiegati”.