L’azienda statunitense Yuga Labs, leader nel cosiddetto web3 tanto da essere stata inserita lo scorso 5 dicembre nella lista delle aziende di riferimento 2022 da Coin Desk, prestigioso sito, specializzato nel mondo delle cripto valute e dell’economia digitale, ha annunciato con un tweet sul profilo ufficiale, il lancio di una nuova collezione di NFT da 300 pezzi unici, chiamata “TwelveFold” sulla blockchain Bitcoin.
In periodi di mercato normali questa notizia passerebbe inosservata, ma diventa degna di nota, nell’attuale momentum che vede il pianeta delle monete digitali ed i suoi satelliti, in forte crisi e quindi un investimento in tale settore, appare straordinario ed azzardato. Ma è davvero in crisi, questo settore, o si tratta solo di un’offensiva, come sostengono diversi analisti, partita da banche e governi, per appropriarsene? A nostro avviso c’è del vero, in questa analisi maliziosa portata avanti da esperti americani del settore. E’ innegabile, infatti, la crisi dell’economia globale tradizionale e non sembra quindi fantascientifico, ipotizzare che banche e governi, per far fronte a tale situazione possano voler mettere le mani sull’economia digitale, che, infatti, viene spessa dipinta dai media come pericolosa se svolta dai privati, ma sulla quale, invece molti Paesi, stanno puntando decisamente. Certo i casi recenti di fallimenti, anche eccellenti, come quello, nel novembre scorso di FTX, gigantesca piattaforma di exchange mondiale, hanno fatto scalpore, innescando reazioni isteriche sul mercato digitale, ma a nostro avviso, questi episodi, non sono frutto di debolezza strutturale di quel sistema economico, ma dell’avidità di singoli manager senza scrupoli, che vogliono fare cassa riempiendosi le tasche in modo truffaldino, ma questo accade, da sempre anche nel settore dei consulenti finanziari tradizionali. Sta di fatto, che dal crack di FTX in poi, i media spingono gli investitori privati, soprattutto i piccoli a “dedigitalizzare” i propri asset di investimento, quando, stranamente i governi di molti Paesi, vanno nella direzione opposta, perseguendo con forza, sia l’identità digitale, che le cosiddette Central Bank Digital Currency, che sono, appunto valute virtuali ma “ufficiali” dunque controllate dalle banche centrali di riferimento. Se da un lato, è comprensibile la corsa della Russia, a dotarsi di una valuta digitale di stato, visto il suo isolamento economico e non a caso Mosca, risulta molto più avanti, in tal senso rispetto a tutti gli altri competitori, assai più sospetti sono i movimenti degli altri governi mondiali. Il problema per loro, è che per quanto si sforzino, il sistema digitale basato sulla blockchain, non appare al momento centralizzabile, anzi e dunque occorre demonizzarlo, agli occhi dell’opinione pubblica, per impedire che si sviluppi talmente da rappresentare una reale opportunità economica alternativa a quella tradizionale. Tuttavia, come dimostra il lancio di questa nuova serie di NFT da parte di Yuga Labs, l’economia digitale, gode ancora di buona salute, e di fiducia nel sistema da parte dei suoi operatori, perlomeno in confronto a quella tradizionale, che appare sempre più prossima al collasso strutturale, con buona pace di coloro che sostengono esattamente il contrario, per difendere le proprie rendite di posizione.
Luca Monti