La cautela
Il pensiero rivolto in modo prudenziale alla malattia e alle sue conseguenze, crea un atteggiamento biologico consapevole o inconsapevole che percorre due differenti direzioni. Agli occhi della maggior parte delle persone la più importante è quella del comportamento guardingo assunto nel contesto sociale per rimanere immuni. Ma questo soltanto potrebbe non bastare per il successo se manca il convincimento del volere veramente, ossia del “ voler volere, imponendosi pertanto, anche un atteggiamento in grado di ottenere ciò che si spera.
Il vecchio adagio di “volere è potere“, ripetuto da generazioni in virtù dei risultati empirici ottenuti con questa impostazione mentale, poggia su concetti profondi della nostra coscienza, ossia sull’inconscio.
Un esempio
Quando si desidera smettere di fumare, il desiderio autentico non è rivolto all’abbandono delle sigarette ma solo al non voler provare più desiderio di fumare per poi comodamente lasciare le sigarette senza sacrificio. Un atteggiamento di questo genere che riguarda la prima impostazione conflittuale del pensiero, non risolve il problema. Non lo risolve in quanto il piacere della nicotina da una parte e, quello del senso di compagnia dall’altra, degli arabeschi azzurri del fumo a cui si rinuncerebbe, non sarebbero più di piacevole sostegno per ore ed ore ai i nostri pensieri.
Tutto ciò indebolisce la volontà di risultato dei settori psicobiologici interessati, in conflitto tra loro.
Emblematico in questo periodo è il timore del coronavirus a cui si pensa per gran parte del tempo. Ma tutto deve essere visto con i piedi per terra, in quanto la forza creativa della mente prevalente per il timore di perdere la salute, rappresenta nel corso della giornata una situazione di interferenza con gli eventi futuri. L’impostazione mentale di ciò che realmente si vuole, come è facile accorgersi, porta quasi sempre a conclusioni positive. Ma quando il risultato desiderato è formato da elucubrazioni mentali, ossia dal continuo ripetere proprio di ciò che si teme, ecco che allora il meccanismo psichico della forza del pensiero prodotta e protratta nel tempo, rinforza quella stessa idea. Ma quale idea?
Quella dominante della malattia, su cui si è meditato a lungo ma che poi, con semplice “non” o un altro tipo di negazione, si vorrebbe invertire, a nostra difesa.
Per analogia
Si ricorda per analogia l’efficacia del pensiero ricorrente espresso in un vecchio detto popolare, che rende bene il concetto del risultato che si ottiene quando ci si preoccupa troppo dello stesso argomento: “ Ma quello dai e dai, se l’è proprio tirata! “
Questo non significa affatto che non vi siano dei limiti prudenziali da adottare se gli eventi non sono sicuri. L’obiettività dei pericoli quando i fatti lo dimostrano, non può essere sottovalutata perché in tal caso quel vecchio adagio potrebbe trasformarsi: “Ma allora, se l’è proprio voluta! “
Manzoni racconta nei “Promessi Sposi” che durante l’imperversare della peste del 1600 a Milano, Don Ferrante facendo i suoi conti, si era convinto che il contagio non potesse propagarsi tra una persona e l’altra; di conseguenza non adottava alcuna precauzione. Andò tra gli appestati e morì di peste.
L’ estrema difesa
Anche pensare al contrario di Don Ferrante, ossia, di fuggire dall’aggressione del coronavirus, assumendo un atteggiamento mentale di estrema difesa, non risolverebbe il problema perché indebolirebbe proprio quelle stesse differenze psichiche del convincimento che si riflettono nel sistema biologico prima accennato. Se questo
avvenisse, la ripetitiva riflessione dei pericoli incombenti continuamente evocati che passano ripassano per la mente, lasciano il segno. Non sarà quindi quella semplice convenzione grammaticale della particella negativa a ribaltare le immagini mentali dei pericoli o delle contrarietà lungamente evocate proprio nel modo in cui si temono. Nella psiche, ovvero, nell’inconscio pensando e ripensando, si crea quella presenza mentale degli eventi che influenzano le risposte biologiche del sistema immunitario, predisponendo il relativo risultato.
La convenzione del “non”
Si deve convenire che il pensiero nella quotidianità esistenziale si è evoluto nel linguaggio comunicativo, fino a rappresentare per economia discorsiva di una stessa frase il diritto e il rovescio che poggia su un semplice “ non “, mentre la intera struttura della frase e quindi del pensiero, rimane identica. Ma l’ energia psichica ogni volta
prodotta, proprio per esprimere quella stessa idea con la aggiunta di una negazione, mantiene per tutto il tempo il concerto temuto. Infatti, l’efficacia del pensiero insistente che raggiunge un risultato, non importa quale, lo esprime un aforisma indiano riguardante la credenza religiosa induista di quelle persone. “A colui che ama Dio occorrono sette incarnazioni per raggiungere la perfezione, a colui che lo odia ne bastano tre, perché colui che lo odia penserà lui più di colui che lo ama“. Frase questa riportata da G.Jung a p.61 in “Archetipi dell’ inconscio collettivo”. Senza voler mettere in discussione le non facili credenze religiose indiane, la frase evidenzia che pensando insistentemente qualcosa, alla fine questa qualcosa porta a dei risultati nel verso dei pensieri ripetitivi. Banalizzando il concetto in pubblicità, specie in quelle fastidiose, vale il detto: “Parlatene male purché
ne parliate”. …..in questo modo prima o poi comprerete quel prodotto.
Il saper volere
Tutto ciò deve farci riflettere. Non soltanto è inutile ma è soprattutto controindicato rimuginare l’argomento con visioni di malattie, di ospedali, di angoscia per contrastare l’idea temuta del coronavirus. Chi crede alla forza del pensiero dovrebbe anche credere che le continue ripetizioni mentali di paura durante la giornata, non potranno arginare il pericolo in virtù di una semplice negazione di tutto ciò a cui si è pensato.
Così il flusso creativo della mente realizza una sorta di contenitore chiamato, “ forma di pensiero “. Se questa è alimentata in continuo dall’idea temuta, l’effetto raggiunto si esprime nella direzione opposta a quella desiderata.
Ecco che il timore conduce proprio all’ evento che si intende evitare, mentre l’atteggiamento mentale consapevole delle proprie capacità di difesa, naturalmente entro ragionevoli limiti, favorisce l’ottenimento del successo che prima o poi arriverà, se si comprende che cosa significa effettivamente, saper volere.
Di Alberto Zei