Stamane il premier Mario Draghi transiterà la seconda Camera per raccogliere la fiducia del governo: a differenza degli altri collegiali, costui ha la reale misura di (non apparire) se non per improntare qualcosa di decisivo.
Il biglietto da visita al primo giro di consultazioni è stato un discorso proficuo di forte unità nazionale, il monito per informare e renderci consapevoli di una nuova evoluzione di -credito al quadrato-per sorpassare l’ agenda (riforme). Il senso è così chiaro da aver composto un primo blocco di sostenibilità; ora tocca sancire il sigillo di ‘garanzia’.
Tanti i nodi da sciogliere considerando la cornice allargata a tal punto che gli altri non vogliono godere di un ruolo subordinato all’ interno della maggioranza; nè tantomeno seguire il “maître à penser” qualora fiaccassero le istanze presentante dai leader. Insomma il ceto politico è discutibile (partendo dal precedente atto), e allora c’ è di tutto: funamboli, specie addomesticate, mangiatori di spade, ma anche gli astuti ‘bigliettari’ cui piacerebbe anticipare l’inizio dello spettacolo. Contemporaneamente il ministro Speranza intercede il suo ego valutando un nuovo lockdown; roba da far tremare i polsi a commercianti, esercenti, e perfino ai dipendenti presi dalle non poche difficoltà. Fin qui vale la pena dare moneta alla favola?
Dall’ altra parte il Salvini maturato incontra Zingaretti per discutere del blocco per i licenziamenti, sollecitando l’ escalation verbale dei dossier nonostante le diversità che riguardano i gruppi in aula. Un lavoraccio che conterà uno, dieci, forse cento scogli; ma qualunque cosa accada (il fatto e il vero) non sono reciproci alle favole: il premier Draghi in questo momento è l’ unico frenatore che può levigare le beghe e risvegliare “l’intero parlamento” portandolo sulla scialuppa buona.
Massimiliano De Stefano