Ebbene si! Toccato anche Lei – l’unica a non essere mai stata sfiorata da inchieste, da ombre di situazioni corruttive. Giorgia Meloni: “La purezza dell’olio vergine made Italy”.
“Yuhuuuu sembrava impossibile. Aho’ ma questa fa politica da quando aveva 18 anni, può essere che li sordi nun je sò mai serviti? che n’a dato mai gniente a nissuno?”
Avranno certamente brindato nella chiacchierata sede di Via Golametto palazzina “C” quell’orrendo edificio che rappresenta alla perfezione il clima orrendo della Procura della Repubblica di Roma, da sempre il Porto delle nebbie.
Non è una novità! L’orologio svizzero della procura di Roma indaga su Giorgia Meloni che ha la colpa di non essere di sinistra. Troppa crescita nei sondaggi, ma state tranquilli Priolo non ha neppure denunciato quelle di sinistra ha denunciato un paio di pubblici ministeri femmine. I magistrati continuano a desertificare il millenario territorio della Giustizia praticata vissuta. I giochi sono aperti vinca il migliore, ma prima liberate gli ostaggi, i figli d’Italia sequestrati e infoibati nei lager di Stato.
Vi delegittimate da soli, oltre ogni ragionevole dubbio. Da decenni il dibattito sul funzionamento del sistema giudiziario italiano è confinato all’istituto della prescrizione. Il termine si allunga, si sospende, si interrompe per poi ricominciare. La produttività del lavoro, cari Signori, dipende in gran parte dall’organizzazione dell’azienda oltre che dai dirigenti e dal personale, come nel privato che per i compagnucci è il Demonio che genera la ricchezza per pagare 4 milioni di dipendenti pubblici in gran parte fannulloni a posto fisso e stipendio assicurato al 100%. In Francia la prescrizione non interviene quasi mai, i processi finiscono prima. I termini ci sono, ma per i Magistrati non sono perentori come per gli avvocati, ma ordinatori, tradotto in italiano quando c…….mi pare.
Perché la lunga stagione di “supplenza” giudiziaria non tarda a finire e rischia di rivelarsi controproducente per la stessa funzione di Giustizia. L’assunzione da parte dell’ordine giudiziario, di funzioni suppletive, per vuoti ed inefficienze di altri poteri dello Stato, comporta suggestioni e tentazioni di gestire un potere reale, non giurisdizionale ed in larga misura improprio alla giurisdizione.
Già tra il 1960 e il 1970, quando ricopriva l’incarico di procuratore generale della Corte di Appello di Roma il Dr. Luigi Giannantonio, assistemmo ad una vera e propria politica giudiziaria nei confronti della pubblica amministrazione, se pur meritevole negli intenti dell’alto magistrato per la buona amministrazione del pubblico denaro, sicuramente discutibile nelle singole iniziative penali. La Magistratura usando l’arma dell’incriminazione ritenne di controllare la spesa pubblica, sostituendosi al Parlamento e alla Corte dei Conti. La campagna giudiziaria per la moralizzazione della vita pubblica ovviamente suscitò consensi ed elogi, ma questo nuovo tipo di crociata comportò che alcuni Magistrati si ritennero investiti di una missione che li spinse a debordare dal perimetro della funzione giurisdizionale ed a commettere veri e propri abusi, con la corsa all’emulazione dei pubblici ministeri a chi fosse più bravo nell’incriminare politici e amministratori pubblici di vario livello, con ripetute assoluzioni in dibattimento e riduzioni per qualità ed entità delle condanne. Si verificò una mancata purificazione del malgoverno ed una generalizzata delegittimazione dei protagonisti dell’azione inquirente, con improvvide forzature, dolose disattenzioni. Ricordate il caso Marotta e Ippolito ? La pacata e nobile voce di Arturo Carlo Jemolo sullo sperpero del pubblico denaro da parte del giudice penale? Le critiche di autorevoli giuristi, come Giuseppe De Luca e Antonio Chiavelli e le posizioni di Calamandrei sulla questione della obbligatorietà dell’azione penale?
Perché deliberatamente invadete il territorio di competenza di altri poteri, violandone l’indipendenza. Sovente la Magistratura ha dettato i tempi e i modi della azione politica, ha condizionato il Governo del Paese. I simulacri dell’indipendenza della Magistratura e della obbligatorietà dell’azione penale possono tradursi in un forte potere discrezionale.
Perché siete i padroni di una “Giustizia” che non c’è.
Milioni di processi pendenti, milioni di cittadini in attesa di una risposta. Stupri in pieno giorno, con una lesione psicologica che durerà l’intera vita; rapine; furti, torture, scippi, ricatti, estorsioni; minori violati. Intere città sfregiate, degradate. Dilaga la criminalità. L’autorità dello Stato è oscurata, mortificata; prevale la prepotenza dei senza legge; la sicurezza viene annullata, vanificata, insultata da dilettanti e chiacchieroni. Brigatisti, terroristi, presunti kamikaze in diretta TV. La corsa per l’abisso è ormai incominciata ed alcuni magistrati (non tutti fortunatamente) da oltre 30 anni replicano un banale refrain ai limiti dell’offesa. Una coazione a ripetere nel segno dell’infallibilità, dell’indipendenza, della totale abnegazione al proprio dovere, nel rispetto della consegna del silenzio sulle vicende passate e recenti del mondo della Magistratura. Una lunga catena di errori, sentenze sorprendenti, giudizi imbarazzanti investono anche l’ambito dei processi civili spesso dimenticati di fronte all’allarme più penetrante di quelli penali. Delitti, consorterie, misteri noir e lotte di potere, sfiorano i vertici della Magistratura. Corruzione, abusi, P.M. indagati; la potente oligarchia dei magistrati, CSM, archivia, trasferisce, sospende secondo logiche di appartenenza e di corrente. Le decisioni dei Giudici sono insindacabili sul piano tecnico, ma la trasparenza, la legalità, l’adempimento del proprio dovere possono essere dichiarati solo accettando i controlli, le ispezioni, le critiche, le analisi ed anche le accuse. Solo le corporazioni si chiudono all’invadenza della democrazia, della dialettica, del confronto. Il Magistrato applica la legge, ma può anche non applicarla o applicarla erroneamente. Lasciare che si possa giudicare il proprio operato, il proprio compito è l’indicatore privilegiato della propria buona fede, della consapevolezza di avere agito con diligenza e competenza.
Perché a fronte della conclamata notte della “Giustizia”, fate sentire la Vostra invadente voce solo per condannare quelli di una parte, per assolvere quelli dell’altra, per essere inflessibili e zelanti nel difendere alcuni che delinquono e poco accorti ai diritti delle vittime. Invece di discettare sulla separazione delle carriere, sulla abolizione della progressione automatica, sulla delegittimazione della Magistratura, dovreste essere impegnati a rimuovere il volto opaco della Giustizia, a ristabilire la fiducia dei cittadini in una Giustizia sfigurata, polverizzata, azzerata da decenni di fallimenti, di inutili convegni, dibattiti, relazioni, documenti, programmi.
Ricordo data l’anagrafe che sugli schermi appariva il volto ieratico del P.M. Caselli che ci ripropone la granitica impunità dei magistrati e la loro proverbiale infallibilità, che ci deliziava con l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, con il rifiuto della separazione delle carriere (30 anni di chiacchiere), con l’obbligatorietà dell’azione penale, stigmatizzando gli attacchi che subiscono i magistrati, unico presidio dello Stato di diritto, ignorando che i magistrati capaci lo sono per virtù propria, perché tali sarebbero in ogni campo, come lo sono quelli incapaci, per impreparazione o inettitudine. Al pubblico non interessano i santuari intoccabili della Magistratura, le interne vicende della istituzione giudiziaria, la passione delle correnti, le scalate per gli incarichi. Il Paese vorrebbe vedere i padroni della Giustizia tutti i giorni in prima linea per organizzare una amministrazione della giustizia efficace, efficiente, giusta.
Perché ad ogni accenno di revisione del principio della obbligatorietà dell’azione penale, dell’assetto del pubblico ministero e della funzione di accusa, i sacerdoti dell’indipendenza della Magistratura urlano all’attentato, al pericolo per la democrazia, al decesso dello Stato di diritto. Nuovi e vecchi predicatori, nonché, pappagalli di ogni ordine e grado seguono a ruota. Il suggestivo richiamo al principio costituzionale dell’esercizio obbligatorio dell’azione penale verrebbe vulnerato dal c.d. principio di opportunità dell’azione penale, facendo soggiacere il potere-dovere di intervento del pubblico ministero al capriccio di maggioranze parlamentari o ad influenze di governi (se ne parla da 25 anni). All’integralismo giudiziario, ai profeti di sciagure è facile rispondere con la vecchia proposta Calamandrei, o tutte le successive, da Pizzorusso agli altri che intendono riportare l’organo dell’ufficio del pubblico ministero al suo ruolo costituzionale e processuale di parte del processo e non di arbitro insindacabile e isolato dell’iniziativa penale, in totale latitanza di producenti misure in ordine alla responsabilità, civile e disciplinare, per gli atti compiuti in pregiudizio dei principi di imparzialità ed indipendenza della funzione.
Perché non solo intervenite, come è giusto, sui problemi di stretto ordinamento giudiziario, ma scendete in campo, attraverso i mass media, con toni apocalittici sui massimi sistemi, scegliendo temi e modalità del tutto arbitrari, solo in particolari momenti della vita politica. Da più di 30 anni pattuglie di magistrati oltranzisti e fondamentalisti assumono un presenzialismo sospetto, parlano a nome dell’intera Magistratura, consenziente o inerte.
Perché, con la connivenza di una parte della stampa e della TV, avete generato la figura falsa di un magistrato onnipotente, onnisciente, incorruttibile e sovrano, imparziale, soggetto solo alla legge. Guasti irreversibili, sentenze a go go, iniziative pericolose, interpretazioni giurisprudenziali avventuristiche, rappresentano il quotidiano esercizio della giustizia.
Perché, da oltre 30 anni, con monotona ingenuità, o alla vigilia di una elezione o in altra significativa occasione politica, dopo anni di gestazione istruttoria, l’opinione pubblica viene investita dall’ennesimo scandalo giudiziario che farà irrimediabilmente arretrare il Paese. Ricordate il libro “La repubblica dei procuratori” del compianto Guglielmo Negri o “I Giudici e la politica” di Achille Battaglia. Evitate almeno di discettare sull’assoluto riserbo dell’indagine, delle garanzie dell’indagato, della serietà e correttezza dell’indagine.
Perché dietro il facile scopo di dimostrare che non si deve avere riguardo per nessuno si perpetua da decenni un protagonismo umorale ed arbitrario di una buona parte dei P.M. con modi di procedere maldestri e vessatori. Ricordate il calvario giudiziario di Luttazzi, il caso Sarcinelli, da Elena Massa agli avvocati sardi del caso Emanuella, a riprova che si incarcera spesso con facilità e con leggerezza senza alcuna conseguenza per chi ha l’immenso potere di decidere misure coercitive della libertà personale del cittadino. Di fronte alla grande schiera di giudici che operano quotidianamente con riserbo e dedizione occorre porre un freno a quelle pattuglie agguerrite ed improvvide di minoranze, specialmente di quelli che tracimano in Parlamento, che delegittimano l’intero corpo della Magistratura.
Perché avete sempre osteggiato qualsiasi riforma che non fosse pensata da Voi. Ricordate il VI convegno nazionale del 1969 sul tema della “preparazione, scelta e formazione del giudice e dell’avvocato” che seguiva quello del 1966 “natura e funzioni del pubblico ministero-lineamenti per una riforma” (Maranini, Conso, Leone, Fazzalari, Pisapia, Pizzorusso, Scardia, Rosso, Sabatini, Giallombardo, Madia, Mazurca, D’Ovidio), vivamente osteggiata dalla Magistratura. Per finire con la contestata riforma dell’Ordinamento giudiziario, di matrice c.d. fascista, che è rimasto in vigore per ben 64 anni dal 1941 al 2005.
L’uso della custodia cautelare a scopo esemplare senza alcuna reale esigenza processuale. Ricordate la cattura dell’attore Bramieri implicato in un sinistro stradale, con evento di omicidio colposo (non era ubriaco).
Perché in ogni tempo vi siete posti, quasi sempre a sproposito, nel ruolo di censori nei confronti prima degli eversori dell’ordine costituito, sesso e religione, poi nei confronti di grandi artisti italiani Pasolini (La ricotta), Benigni e di grandi benefattori sociali, processo Muccioli.
Perché l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura, che nessuno ragionevolmente mette in discussione, si traduce costantemente in una posizione egemonica del “potere” dei Magistrati, in particolare delle loro istituzioni. Al convegno di Siracusa del 1983 sui rapporti tra giustizia e informazione Alfonso Madeo sottolineò tendenze della Magistratura italiana verso l’egemonia, con segnali di insofferenza verso il diritto dovere dell’informazione. La Magistratura si ritiene investita della missione di salvare la Repubblica, ultimo baluardo dello Stato di diritto. Minoranze di giudici per decenni hanno inalberato la bandiera del dissenso e della contestazione, esercitato un vero e proprio contropotere.
Perché l’amministrazione della giustizia in nome del popolo e la soggezione dei giudici solo alla legge, secondo l’art. 101 della Costituzione, non può legittimare interpretazioni estensive dei ruoli e degli indirizzi. Non appaiono previsti alcuna delega impropria di funzioni di supplenza né alcun rapporto esoterico o ermetico con la volontà della legge. Se tutti i crimini non possono essere efficacemente perseguiti, si vanifica il principio dell’uguaglianza del cittadino di fronte alla legge, in quanto il magistrato volontariamente dovrà decidere quale indagine compiere.
Perché per riformare la “Giustizia”, vi mancano conoscenze importanti e fondamentali referenti scientifici, quali la teoria del sistemi, la macroeconomia, la statistica descrittiva e l’econometria, la sociologia del diritto, la teoria e tecnica della ricerca sociale e analisi dell’organizzazione.
Perché, come sostiene la Vostra collega Dott.ssa Boccassini, troppo protagonismo mai una autocritica. Non guardate dentro le Vostre istituzioni, la colpa è sempre degli altri, non pretendete da tutti professionalità, rigore, correttezza, conoscenza della realtà. La carriera dei magistrati è ingessata, prigioniera di logiche di correnti, svincolata da valutazioni sul rendimento, con sacche di ignoranza, di scarsa produttività, anche di corruzione.
Deliberatamente ho voluto delineare in breve excursus a conferma che “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” Giuseppe Tomasi di Lampedusa “Il Gattopardo”. Carlo Priolo