di Giuseppe Rigotti
(Ormeggio già occupato) tra Salvini e Berlusconi: una stima reciproca con un rapporto cristallino su programmi e futuro.
Sembravano raccontarci un urto ma la squadra è calorosamente compatta seppur il Salvini di Oggi appare meno dirompente per ombra del solo comandante in carica Mario Draghi, quest’ ultimo contemplatore di se stesso in affiliazione con un manipolo ristretto di tecnici pronti a rastrellare proposte, idee popolari e formicolii di partito.
Qualcosa sta cambiando tanto che il leader della Lega prosegue –a scatti– cercando di incrementare il proprio serbatoio di voti anche a costo di rafforzare l’ unità in ambito europeo. Intanto A. Tajani (Ppe) rimanda il malumore al mittente definendo una propria identità (scollata) e simbolicamente più conservatrice.
Salvini al governo è braccato, lacci e lacciuoli indeboliscono la sua linea nel contrastare l’ immigrazione. (Si è) passati improvvisamente dal dire:
“Il partito di Draghi è il partito del Pil”, al dire “un’ anima mischiata e da sola serve a ben poco”. È così che -si arrovella-.
Nell’ assembramento di governo non milita G. Meloni passata ormai come indipendentista (nella destra) in luce più riflessa per coerenza: ma cosa porterà a casa?
Una tale forza comunicativa con ascesa rocambolesca di cui non possiamo ignorare il cartello: nelle sue interviste transfuga l’ omologazione politicante per cui voluta fuori dai ‘suddetti gangheri’ a differenza di piddine insindacabili per “cultura dem”.
Dopotutto si sa che i partiti senza leader sono ‘foglie al vento’ e che alla prima tromba d’ aria non restano in piedi “tutti”.
In alternativa come si può uscire da una macabra danza? Frattanto, “maggio è già andato”. (Poi ognuno muove lancetta riprendendo la storia).
Redazione