di Giuseppe Rigotti
La troppa fatica induce il nostro premier a gonfiarsi il petto, nonostante i pensieri alla rinfusa per la pandemia e la riconferma anomala di un ministro (Speranza) sempre più incline ad amnesie quotidiane: quest’ ultimo non smette di riposare in pace tra le braccia del “re Draghi”, con i partiti che si incaponiscono in strategie da adottare portando in grembo la candidatura dell’ alto costituente, un presidente al Quirinale “fiduciario”.
Il rischio è dipendere, obbedire al desiderio dell’ uomo forte, rapportarsi senza diventare autonomi poiché la vera Politica non si scrive con la -sottomissione delle vergini-, neppure quando la sparsa notizia potrebbe direttamente condurre all’ eresia: “la democrazia sarà pure un orologio che non invecchia mai”, ma sembra che gli ultimi tempi siano trascorsi contando le mele.
Stranamente dal suo primordiale -aplomb- gioisce il leader della lega (M.Salvini) con secca esternazione: “Draghi non può stoppare a lavori in corso”; a parlare non è più il Matteo che bandisce la politica, ma questa volta è un “Matteo nuovo”, uomo- ausiliario nell’ ingorgo istituzionale (e proprio nel contegno) continua a preservare uno spirito da establishment prezzolato. Ed è qui francamente, che regge la centralità del Cav nel reticolare a sue spese il Centrodestra, con le più adatte capacità che un abile venditore (come lui) abitua e persuade con comodo. Anche Paolo Mieli, datato conferenziere e notista ci mette del suo, incalzato (da Libero) straluna: “Preferiscono navigare nell’attuale marasma, che prima o poi offre un’occasione a chiunque, proprio come accaduto in questa legislatura dove c’è stato spazio per tutti e ciascuno ha ottenuto il proprio beneficio”. Capite che detto dal sottoscritto una visione del genere potrebbe davvero diventare un “miracolo” di “profezia”.
A conti fatti non ci resta che fulminarci con le idee più assurde, la conferenza di ieri sera ci ha indicato qualcosa di supremo: un attento “Draghi” che continua a navigare su un’ onda più grande, mentre i partiti si sballottano nella gara apparentemente più solida.
Ma l’ ottimismo non ha una memoria lunga, e davanti a noi recita la preghiera di un uomo che crede solo in se stesso come “visionario”. Ovvio; che rifiuti di pronunciarsi sulla “questione Colle”, -egli- ravviva la volontà di tenere aperta la questione come simpatica coincidenza, portando in largo un nuovo battesimo. Sa benissimo, che un “nome” è prima di tutto un’ intenzione (per tutto il tempo che si campa) nel momento in cui da dietro copre l’ amorevole risposta: “facciamo la corte a ogni lettera del tuo nome”.
Redazione