Se la candidatura del Dott. Silvio Berlusconi per il Quirinale è divisiva meglio, non è un ostacolo anzi una necessità per dare corso all’antica storia mai realizzata del “cambiamento”, termine in uso al popolo della c.d. sinistra che ormai è manovrato da remoto con una semplice segreteria telefonica personalizzata. La registrazione del messaggio alle donne e agli uomini con il pugno chiuso viene effettuata periodicamente dai segretari del partito democratico che si susseguono rinnovando i portaborse e apri sportello dell’auto. Nel tempo passato il pugno era un simbolo di unità e di solidarietà, rappresentato dalle dita deboli che si uniscono per creare qualcosa di potente. Con il tempo il pugno chiuso si trasforma da saluto militante in simbolo di lotta adottato dai comunisti. Oggi la mano aperta si chiude in pugno per nascondere il bottino di soldi rubati agli italiani nell’arco di 50 anni finita la stagione gloriosa della “Resistenza”, che come di rito si sono intestati con affido esclusivo non secondo i fatti storici ma con le false relazioni delle assistenti “sociali” dell’epoca che oggi espropriano i figli d’Italia per consegnarli allo Stato padrone e corrotto.
La sovietizzazione del mondo nei territori sotto il dominio dell’URSS e nelle ideologie delle militanze delle variegate sinistre occidentali, portatrici dei diritti degli ultimi e negatrici dei diritti annunciati, enfatizzando quello che è effimero con valenza secolare, ha pervaso la storia dopo la 2^ guerra mondiale. L’orrore dell’arcipelago dei gulag, dei campi di concentramento sul sistema di lavoro forzato nell’URSS, narrato da Aleksandr Solzenicyn, trova ancora cittadinanza in alcune aree delle società opulente occidentali, fondate sui principi di uguaglianza, libertà, fraternità.
Durante la dittatura comunista, instaurata da Lenin nel 1917 e conclusa nel 1991, l’utilizzo sistematico della giustizia politica disseminò l’Unione Sovietica di campi di concentramento per tacitare coattivamente gli oppositori. Non sono stati i liberali e i democratici dei Paesi occidentali ad interrompere le forme delle dittature proletarie, ma i rivoluzionari nati nel sistema comunista, che hanno provocato l’implosione del sistema dall’interno. Ci sono leader che hanno guidato il rinnovamento del proprio Paese. Ad esempio Adolfo Suarez, Margaret Thatcher, Helmut Kohl, Ronald Reagan, Vaclav Havel. E ci sono leader che hanno cambiato il mondo. Il primo è stato Vladimir Lenin, che creò il sistema comunista sovietico, sfidando il mondo occidentale. Il secondo è stato Mikhail Gorbaciov, che distrusse questo sistema, segnando la tappa fondamentale del XX secolo. Il terzo è stato Deng Xiaoping il pioniere della riforma economica cinese e l’artefice del “socialismo con caratteristiche cinesi”, teoria che mirava a giustificare la transizione dall’economia pianificata a un’economia aperta al mercato, ma comunque supervisionata dallo Stato nelle prospettive macroeconomiche. Anche loro erano divisivi.
La diffusa, capillare, presente in tutto il territorio dell’Italia, sottrazione abusiva ed illiberale, quanto criminale, dei figli ai genitori biologici genera le condizioni per l’avvento della rivoluzione del popolo italiano e il rinascimento di una nuova Repubblica democratica e liberale. Sotto i riflettori gli anni della svolta, dal 1985 al 1990, tra rinnovamento del Paese e del mondo e caduta di popolarità. Gorbaciov dal 1985 al 1990 portò avanti l’idea del “mondo senza nucleare” già nel 1986, molti anni prima di Obama. Il risultato fu il dialogo tra Unione Sovietica e America per il disarmo atomico e per la messa al bando delle armi chimiche, batteriologiche e biologiche. Fu Gorbaciov che riconobbe al popolo il diritto alla libertà di scelta. Fu sempre lui che decise di liberare l’Europa Orientale dall’abbraccio sovietico. Quando iniziarono le “rivoluzioni di velluto” nella Germania Orientale, in Cecoslovacchia, Ungheria e Polonia, i dirigenti locali telefonavano al Cremlino chiedendo il permesso di usare i corpi armati sovietici ancora presenti sul territorio. Gorbaciov rispondeva con un secco “no”, non voleva un’altra Primavera di Praga e altri spargimenti di sangue. Gorbaciov fu colui che seppellì il sistema comunista mondiale. Spezzò il monopolio del partito comunista sulle opinioni e sulle scelte. Anche se sperava di riuscire a mantenere in piedi un’Unione di Stati alleati, la rottura delle varie repubbliche nazionali con Mosca avvenne in modo talmente brusco, che fu semplicemente impossibile fermare il processo di disintegrazione. In Russia il nome di Gorbaciov suscita reazioni contrastanti. Alcuni, per ora in minoranza, lo ammirano, altri lo criticano. Innanzitutto perché non riuscì a portare a termine la grande trasformazione che lui stesso aveva avviato. Il dramma della parabola di Gorbaciov sta proprio nel fatto che l’onda che aveva sollevato spazzò via anche lui dalla scena russa. Quelli che arrivarono al potere grazie a lui non gli perdonarono il suo slancio e la sua capacità di ragionare in termini di libertà. Gorbaciov fu il primo capo nella storia della Russia che lasciò il Cremlino di sua spontanea volontà, senza cercare di restare attaccato al potere. La tradizione dell’allontanamento spontaneo dal potere si rivelò impopolare. Eltsin riportò la Russia agli usi precedenti, secondo i quali il padrone del Cremlino non lascia il proprio posto volontariamente. In casi estremi, può al massimo nominare un successore. Gorbaciov ha dovuto superare un forte dolore personale: la morte della persona più cara, Raissa, moglie e amica. Questo dolore, nella sua umanità, è stato la spinta che ha di nuovo avvicinato Gorbaciov alla Russia; attraverso la compassione per il dolore di Gorbaciov come uomo, i russi hanno iniziato a comprendere il significato di Gorbaciov come politico.
Berlusconi non piace neppure a quelli che non alzano il pugno chiuso? E’ un diritto dissentire, ma non dite che è divisivo, questo è il suo pregio migliore.
Di Carlo Priolo