di Giuseppe Rigotti
Enrico Letta come mammasantissima vorrebbe sin da subito mettere a segno l’ “operazione ammucchiata”, convergendo in anticipo quel campo largo così simbolico quanto discusso.
È un amore che scoppia in cui (uno si deve fare un poco più vicino) e l’ altro accogliere le effusioni. Poi c’ è “Renzi” ripreso dalla cinepresa nella veste di amante incomodo:
sarà anche bellissimo, ma uno schema politico così è un cerbero rabbioso difficilmente da
Così com ‘ è stato concepito il progetto non può funzionare; e a far quadrato attorno ci sarebbe non -la coerenza-, ma l’ ego sempre più pulce dei protagonisti in campo. Non dev’ essere facile per Sting Letta ripulire il disordine delle liste: evitare la manfrina ridimensionando il partito anche quando a decretare scelte così importanti non sono gli elettori ma un’ ampia schiera di magistratura in pectore di -toto nomi- e fin che la barca va il rischio è di ritrovarsela rovesciata ignorando le cosiddette merci buone “il consenso diretto”.
È evidente che il Pd per sopravvivere spinga la riserva delle ammucchiate a costo di chiudere boccuccia su questioni assai rilevanti, perfino inceppando la stessa leadership“su chi muove chi” “e chi va là” pur di reggere la margherita coi pentastellati di turno. Inutile girarci intorno “big boy Calenda” taglia corto, e cerca di rilanciare imponendosi nella sfera di “centro”. Dimezzato il plotone dei peones dove sono finiti i più popolari?
Come recuperare le piazze, i congressi, i programmi in vista del 2023 “può avere” un nesso solo con le necessarie -flebo identitarie- dei centristi: questi ultimi (unici) a vivere ancora di pulsioni pur di mettere i piedi nudi nel caos della prossima legislatura. Come riempire la campagna elettorale è un “trastullo” di costanti malumori, e toccherà ai poliziotti-osservatori ammonire la qualità comunicativa di taluni quaquaraquà (brr).
Le promesse vuote, la mancanza di impegno, e le affinità solo temporanee possono servire a spalancare le fauci del leader grillino Giuseppe Conte ormai avendo -spirito ibernato- in quella stessa palude (mea culpa, mea maxima comunista culpa) per aver consumato tutte le “class actions” nella matassa di chi continua a girare i pollici disarmando pudore e fegato.
Redazione