AGI – I capi di Stato e di Governo dell’Unione europea sono tutti d’accordo sulla necessità e la volontà di offrire all’Ucraina e alla Moldavia lo status di Paese candidato. Così come di aprire le porte della “prospettiva europea” alla Georgia. Ma il lento allargamento ai Balcani occidentali che mette in difficoltà e in imbarazzo l’Unione è tenuto in ostaggio dal veto della Bulgaria.
Il governo di Sofia, che in queste ore è stato sfiduciato dal Parlamento anche a causa di questa delicata partita, non ha ancora dato il via libera all’apertura dei negoziati con la Macedonia del Nord a causa delle controversie linguistiche, storiche e culturali. E siccome alla Macedonia del Nord è legata a doppio filo l’Albania, perché fanno parte dello stesso pacchetto, resta impantanata anche Tirana.
L’impasse è paralizzante al punto che i leader dei Paesi dei Balcani occidentali, invitati per un vertice a Bruxelles con i loro omologhi europei, erano indecisi se parteciparvi. “Abbiamo discusso a lungo con i leader della Serbia e della Macedonia del Nord in merito al prossimo vertice dell’Ue. Sembra che alla fine si chiuderà con un altro ‘No, ci dispiace’. L’intera Unione sequestrata dalla Bulgaria non è un bello spettacolo da vedere. Che ci andiamo a fare lì?!”, si era lamentato in un tweet ieri il premier albanese, Edi Rama.
Nel frattempo però qualcosa in Bulgaria si è mosso. Il leader del partito di opposizione Gerb, l’ex premier Boyko Borissov, in parte fautore del veto contro Skopje, ha fatto appello affinché venga revocato. Tuttavia il gabinetto del premier, Kiril Petkov, ha fatto sapere che il governo non avrebbe approvato la revoca del veto prima di una seduta della commissione per gli affari esteri e di un eventuale voto in Aula. La seduta della Commissione era in programma oggi ma è stata rinviata a domani, in attesa del voto che si è concluso con la sfiducia del governo.
Il risultato è che, nonostante l’ottimismo dei diplomatici a Bruxelles che riferiscono di aver ricevuto garanzie che la revoca del veto sarebbe questione se non di ore di giorni al massimo, domani il vertice si terrà con l’incognita Bulgaria. “Parteciperemo alla riunione. Non ci sarà molto da sentire per quel ci riguarda ma chiederemo di essere ascoltati sull’idea di una nuova Comunità politica europea che sosteniamo, sugli Open Balkan che portano avanti lo spirito dell’Europa e sul nostro essere tenuti in ostaggio dalla Bulgaria che distrugge questo spirito”, ha spiegato Rama in un nuovo tweet.
Oltre al caso Macedonia del Nord c’è anche quello della Bosnia-Erzegovina, che insiema al Kosovo, viene considerato “candidato potenziale” all’Ue. Uno status che diversi Paesi vorrebbero superare concedendo una vera candidatura. “Siamo a favore del riconoscimento dello status di Paese candidato alla Bosnia-Erzegovina perché riteniamo che questo Paese non debba essere l’ultima ruota del carro nei Balcani occidentali rispetto all’adesione all’Ue. Sarebbe un’ingiustizia storica”, ha dichiarato il premier croato, Andrej Plenkovic, nel suo discorso al Parlamento europeo.
“Quindi noi sosteniamo lo status di Paese candidato alla Bosnia-Erzegovina e chiediamo una tempestiva risoluzione alla riforma elettorale che consentirebbe di tenere elezioni libere e giuste in Bosnia-Erzegovina. Elezioni in cui le tre etnie possano essere equamente rappresentate conformemente alla lettera e allo spirito degli accordi di Dayton da cui è nata la Costituzione del Paese. E’ una posizione di buon vicinato, di amicizia che vuole preparare il futuro europeo della Bosnia-Erzegovina. Noi continuiamo a sostenere questa posizione con tutto il cuore”, ha aggiunto.
Ma i funzionari europei lamentano che “negli ultimi due anni dalla Bosnia non si sono visti progressi nelle riforme richieste”. Quindi mancherebbe una vera volontà di avvicinarsi all’Unione.