AGI – “Leonardo Del Vecchio rappresentava bene le virtu’ e le debolezze del capitalismo italiano”. Lo afferma all’AGI Giulio Sapelli, professore ordinario all’Università degli studi di Milano, secondo cui il fondatore di Luxottica è stato “un grande esempio di continuità imprenditoriale” segnata da un'”anomalia italiana”, quella che spesso porta la continuità a coincidere con la vendita all’estero di rami d’azienda, a fusioni e integrazione con società straniere.
Secondo Sapelli, le medie imprese italiane, a differenza di quanto avveniva negli anni ’50 e ’60, oltre un certo tetto non riescono ad avere le dimensioni di corporation; così nascono esempi di capitalismo franco-italiano.
“È una delle caratteristiche – sottolinea – di quello che Pietro Grifone definì un capitalismo senza capitali, anche perchè gran parte del capitale italiano va alla rendita”. Del Vecchio, spiega Sapelli, è esempio di questa forma di capitalismo ma è stato anche un uomo lungimirante, diventando azionista di Generali: “ha fatto una cosa importante: è stato un industriale che ha tentato di influire sul comportamento del capitale finanziario”.
Altri aspetti che caratterizzano l’opera di Del Vecchio è stata “la distanza dalla politica e la lotta che ha condotto per tenere a freno i sui manager”; “un imprenditore che ha avuto presente – osserva Sapelli – la lezione di Olivetti e di Valletta, nel contemperare l’ascesa dei manager”. L’insegnamento di Del Vecchio è quindi “molto attuale, perchè spesso i manager si sono spinti troppo in là, senza il necessario controllo da parte della proprietà”.