AGI – Oggi non si può parlare di “consumoflazione secolare” determinata da diversi fattori: parola dello storico ed economista Giulio Sapelli che in un colloquio con l’AGI gli ultimi dati sui prezzi al. E proprio perché non si tratta solo di più perché i rischi sono molto alti .
Secondo l’Istat l’inflazione nel mese di luglio ha raggiunto il 7,9%, in leggero calo dopo il valore record dell’8% di giugno. Per ritrovare un dato così alto bisogna tornare indietro nella storia d’Italia a metà degli anni ’80, oltre quarant’anni fa. L’Italia e il mondo intero sono cambiati radicalmente, in molti ambiti quasi irriconoscibili, se non appunto per quel valore percentuale che indica il generalizzato aumento dei prezzi e quindi la diminuzione del potere d’acquisto.
“Nessun altro parallelo è possibile, e chi parla di inflazione oggi usa un termine errato”, taglia corto il professor Giulio Sapelli. “Quella di oggi è risultato di un mix di fattori – ha spiegato – non è inflazione ma è continuità della deflazione secolare fatta di caduta dei profitti aziendali, bassi salari uniti ad una emergenza dei prezzi, al costo dei noli marittimi e delle materie prime energetiche innalzate dai combustibili fossili e prima ancora dalla pandemia”.
Nessun parallelo quindi, se non nelle differenze, tra la situazione attuale e quella degli anni ’80. A partire dal trend: a metà degli anni ’80 stava calando dopo aver raggiunto il picco del 14,8% nel 1980, oggi sta salendo spinta da un clima di incertezza e di timori geopolitici che nessuno sa quando potranno placarsi. Ed è proprio perchè quella attuale è una “non inflazione” che secondo Sapelli oggi i rischi sociali sono di gran lunga maggiori.
“Quella degli anni ’80 era una inflazione da salari, salari che oggi continuano a scendere – ha proseguito – rischiamo di arrivare al blocco della produzione e della riproduzione economica e sociale perchè questo fenomeno, che chi non sa chiama inflazione, sottolinea che si puo’ arrivare a un vero e proprio blocco del capitale”. Uscirne non sarà semplice e nemmeno breve secondo l’economista.
“Nel lungo periodo possiamo essere ottimisti – conclude – perchè ci sono settori dell’industria che si stanno riprendendo alla grande e quindi indicano la strada. Bisognerebbe in ogni caso quanto prima ricominciare a usare il carbone e il petrolio. Respireremo un po’ di Co2 ma sarà un male temporaneo e diversamente i rischi sarebbero molto più alti”.