AGI – Diventare re a 73 anni non è una passeggiata. Soprattutto se chi ti ha preceduto ha regnato per oltre 70 anni raggiungendo un livello di popolarità straordinario non solo nel proprio Paese ma anche sulla scena internazionale. Questa è la situazione in cui si trova il nuovo sovrano britannico Carlo III.
Per tutta la vita è stato l’eterno principe di Galles, sempre un passo indietro a sua madre, l’eterna regina Elisabetta II. Definito spesso timido e un po’ goffo, secondo Sally Bedell Smith, autrice di una sua biografia, “da bambino cercava l’approvazione”.
Adesso è salito al trono. Ha le dita delle mani gonfie e rosse, probabilmente a causa di un edema o di un’artrite, problemi che riguardano in particolare gli ultrasessantenni.
È vero che oggi si vive più a lungo e il nuovo re può sperarci, ma se vuole lasciare un’impronta deve premere sull’acceleratore. Negli ultimi sondaggi di YouGov sul gradimento dei membri della famiglia reale è soltanto al settimo posto con un modesto 42%.
La defunta madre, al primo con il 75%, è seguita da Kate Middleton con il 68%, dal principe William con il 66%, dal principe Filippo, morto nel 2021, con il 64%, dalla principessa Anna con il 53% e da Zara Philips con il 49%. Insomma, la strada è in salita.
Impegnato da anni in prima linea per l’ambiente, Carlo III, osserva lo storico Anthony Seldon in un editoriale pubblicato dal Times, “è mecenate o presidente di oltre 20 importanti organizzazioni, tra cui la Royal Shakespeare Company“. E di Shakespeare, considerato il più grande scrittore britannico di tutti i tempi, il nuovo monarca è appassionato, tanto è vero che lo cita frequentemente in pubblico, come ha fatto nel suo primo discorso a Westminster davanti ai circa 900 parlamentari del regno e nel congedo alla ‘Darling Mama’.
“Come principe di Galles – sottolinea Seldon – Carlo ha avuto molti detrattori, non aiutato dal fallimento del suo matrimonio con la principessa Diana, che ha conquistato il cuore della nazione come egli non è mai stato in grado di fare”. Il suo rapporto con Diana, e il confronto con lei, nel quale Carlo è quasi sempre uscito male, è la principale cicatrice che porta con sé il nuovo monarca. Ma non l’unica.
“La sua difesa dell’ambiente e dell’agenda verde – osserva ancora Seldon – è stata apertamente derisa da molti, non da ultimo quelli che volevano attaccare l’uomo ma non ascoltare il suo messaggio. La sinistra è stata indignata dal fatto che una figura non eletta potesse esprimere le sue opinioni, sull’architettura per esempio, mentre la destra ha disprezzato la sua agenda ‘woke’, molto prima che questa parola fosse nell’uso comune”.
Poi ci sono i punti a favore: “Il sostegno ai giovani e al volontariato attraverso il Prince’s Trust è stato instancabile ed è profondamente in sintonia con il programma del Premio Duca di Edimburgo fondato da suo padre. Il pensiero di Carlo sull’istruzione – continua Seldon – è molto più avanti delle politiche prodotte dai governi laburisti e conservatori. E il suo recente intervento sul palco di Stratford-upon-Avon durante l’assemblea generale annuale mostra che può essere giocoso e vivace quanto sua madre. È serio, si è fatto una cultura e ama molto le opere degli artisti britannici”.
Prosegue Seldon: “La decisione di Carlo che, come re, sarebbe stato il difensore di tutte le fedi è opportuna e appropriata per la Gran Bretagna, per come il Paese è diventato dal 1952 (anno in cui sua madre fu incoronata, ndr). Quando il papa nominò Enrico VIII ‘difensore della fede’ nel 1521, l’Inghilterra era cattolica; ora è un paese multireligioso. L’impegno che ha dimostrato nei confronti di coloro che sono di fede musulmana, ebraica, sikh, indù e buddista, nonché di fede cristiana, come sua madre, e la sua disponibilità a visitare i loro luoghi di culto dimostrano che è un monarca adatto al nostro tempo”.
Inoltre, “nelle sue letture, nel suo interesse per la filosofia, la storia, le arti, la scienza e la tecnologia, ha qualcosa in sé del principe Alberto, il brillante principe consorte della regina Vittoria, morto nel 1861”.
Per vincere la sfida di lasciare il suo nome nella storia, Carlo III “dovrà guardare avanti, verso la metà di questo secolo“, osserva ancora Seldon, “e ha un enorme vantaggio: quattro delle sue piattaforme pubbliche più importanti sono argomenti che attirano i giovani e che sono in sintonia con lo spirito del tempo dell’inizio del ventunesimo secolo”.
Ma “avrà bisogno di tutta la sua ingegnosità ed empatia e del sostegno di tutta la nazione se vuole riuscire nel suo compito di diventare il monarca di cui il Paese ha bisogno, non da ultimo in un momento di così serie preoccupazioni in patria e all’estero”, aggiunge Seldon.
Per lo storico britannico, l’ascesa al trono di Carlo “ci ricorda che i suoi due predecessori con lo stesso nome governarono in un secolo che vide la monarchia cancellata.
Quello di Carlo I fu un regno infelice. Cominciò bene, con una sicura successione, e Carlo poté assecondare la sua passione per l’arte, accumulando una delle più belle collezioni della storia inglese.
Ma le controversie con il Parlamento su religione, poteri politici e tasse culminarono nelle guerre civili degli anni Quaranta del Seicento che divisero i tre regni. Nel 1649, Carlo fu accusato di tradimento e giustiziato per decapitazione a Whitehall. Anche suo figlio, Carlo II, iniziò come monarca popolare, sostituendo la cupa severità della repubblica di Cromwell con una ribelle restaurazione e una corte scintillante.
Dimostrò coraggio dirigendo i vigili del fuoco durante il Grande Incendio di Londra nel 1666, fondò il Royal Hospital a Chelsea per i veterani dell’esercito e il Royal Observatory a Greenwich, e si preoccupò profondamente dei numerosi sviluppi scientifici del suo regno. Carlo era anche donnaiolo e aveva almeno una dozzina di figli illegittimi, da varie amanti. Tuttavia, non lasciò figli legittimi e quindi, alla sua morte nel 1685, il trono passò al fratello Giacomo II, che durò appena tre anni prima di essere ignobilmente spazzato via dal potere. Il ruolo storico di Carlo III – conclude Seldon – sarà quello di cementare l’eredità di sua madre e di preparare il terreno per il popolare e contemporaneo Guglielmo V. Se riuscirà in questo, passerà alla storia come uno dei nostri grandi re”.