All’inizio di settembre, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno scritto al presidente serbo Alexandar Vucic e al primo ministro kosovaro Albin Kurti per spronarli a raggiungere un accordo sullo statuto finale del Kosovo. Pochi giorni dopo, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, si è recato in visita ufficiale in Albania e in Macedonia del Nord. I due eventi sono più legati di quanto si possa immaginare.
Dopo l’intervento militare della Nato del 1999 in sostegno della maggioranza albanese indipendentista, il Kosovo è stato un protettorato delle Nazioni Unite fino al 2008, anno della sua dichiarazione unilaterale di indipendenza da Belgrado. Non avendo ottenuto ad oggi il riconoscimento di circa 80 membri dell’ONU tra cui Serbia, Russia, Cina e cinque Membri dell’Ue, la Repubblica del Kosovo può essere definito uno Stato a sovranità limitata. Con l’Accordo di Bruxelles del 2013 Belgrado e Pristina si sono impegnate in un percorso di normalizzazione delle relazioni reciproche che avrebbe dovuto concludersi con la costituzione dell’Associazione delle municipalità serbe del Kosovo, dotata di un elevato grado di autonomia, e il riconoscimento dell’indipendenza dell’ex provincia da parte di Belgrado. Questo processo è fermo dal 2015 a causa della mancata creazione dell’Associazione delle municipalità serbe da parte di Pristina, timorosa che tale associazione darebbe ulteriore vigore alle istanze secessioniste delle municipalità a maggioranza serba. Né ha avuto miglior successo un tentativo di accordo nel 2018 tra Vucic ed il presidente kosovaro Hashim Thaci, sostenuto da Bruxelles e Washington ma sabotato da Berlino, accordo con cui Belgrado avrebbe concesso il riconoscimento dell’indipendenza congiuntamente ad uno scambio di territori popolati dai due rispettivi gruppi etnici.
«Siamo convinti che, alla luce dell’aggressione russa contro l’Ucraina, dobbiamo compiere sforzi ancora maggiori affinché la prospettiva europea dei Paesi dei Balcani occidentali diventi realtà e per risolvere controversie bilaterali e regionali di vecchia data. La piena normalizzazione delle relazioni tra Kosovo e Serbia è essenziale per i Balcani occidentali», recita la lettera scritta a quattro mani da Macron e Scholz, i quali chiedono a Vucic e a Kurti di «mostrare la massima determinazione e disponibilità nel prendere decisioni difficili, che facciano avanzare il dialogo tra Kosovo e Serbia». Per questo, Macron e Scholz hanno «dato incarico ai rispettivi consiglieri per la politica estera e di sicurezza, Jens Pletner ed Emanuel Bonn, di fornire supporto diretto all’inviato dell’Ue per il dialogo tra Belgrado e Pristina, Miroslav Lajcak».
Dalla lettera di Macron e Scholz possiamo trarre alcune conclusioni.
Primo, i due leader sono consapevoli della minaccia rappresentata dalla possibile azione destabilizzatrice della Russia nei Balcani occidentali. Per questo, si rendono conto della necessità di un’accelerazione nel processo di integrazione dei Paesi della regione nell’Ue.
Secondo, il metodo utilizzato dai due leader per dare seguito al loro proposito è quello dell’ultimatum: o sei pronto a fare sacrifici dolorosi o blocchiamo il tuo processo di adesione all’Ue. Ma mentre un tale ultimatum può avere effetto sul governo di Pristina, che non ha altri alleati se non quelli occidentali, esso potrebbe irrigidire le posizioni della Serbia, che non è disposta a rinunciare alla sua ex provincia senza compensi territoriali e che può contare sull’amicizia della Russia e della Cina.
Terzo, Macron e Scholz non credono che l’azione dell’Ue sia sufficiente per risolvere la disputa serbo-kosovara. In particolare, decidendo di affiancare i loro diplomatici più esperti a Lajcak e allo stesso Alto Rappresentante dell’UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ci ricordano che l’Ue non è ancora un soggetto geopolitico pienamente sovrano ma un’organizzazione la cui efficacia dipende in ultima istanza dalla volontà dei suoi Stati membri. Inoltre, così come gli Usa hanno nominato un loro rappresentante speciale per seguire la questione kosovara, il Vice-segretario aggiunto per i Balcani occidentali Gabriel Escobar, allo stesso modo Parigi e Berlino reclamano una sedia al tavolo dei negoziati.
Quarto, l’Italia è stata ancora una volta esclusa. Sembra essere lettera morta il Trattato del Quirinale firmato da Macron nel novembre del 2021 con cui Parigi si è impegnata a coordinarsi con Roma nelle questioni di politica estera. Né l’iniziativa franco-tedesca lancia un buon segnale a Roma e Madrid per il possibile lancio dell’Euroquad.
La missione di Mattarella in Albania e Macedonia del Nord
E’ all’indomani dell’iniziativa franco-tedesca che Mattarella si è recato in visita a Tirana e a Skopje. Lungi dall’essere stata concordata con Parigi e Berlino, la tempistica del viaggio del nostro presidente è particolarmente appropriata.
I due Paesi balcanici hanno ottenuto il via libera all’inizio dei negoziati di adesione solo il 19 luglio scorso, dopo che la Bulgaria ha accettato di rimuovere il veto che aveva posto nei confronti della Macedonia del Nord a causa di contrasti linguistici e culturali, per il momento superati.
L’Italia è da sempre un convinto avvocato dell’ingresso nell’Ue dei Paesi dei Balcani occidentali, che vedono nel nostro Paese uno dei partner più stretti e disinteressati. Fare del nostro fianco orientale una regione stabile e prospera è nell’interesse strategico dell’Italia perché accresce anche il nostro peso geopolitico ed economico. In absentia del Presidente del consiglio Mario Draghi, impegnato dalla crisi energetica e titolato solo al disbrigo degli affari correnti, e vista anche l’intraprendenza franco-tedesca, era importante che la massima carica dello Stato ribadisse il nostro impegno verso la regione con una missione in loco.
Tuttavia, una soluzione definitiva alla stabilità e alla pacificazione dei Balcani occidentali non può essere trovata attraverso soluzioni geograficamente circoscritte, nemmeno se accompagnate dall’ingresso degli Stati interessati nell’istituzione bruxellese. La questione del Kosovo è legata a quelle della Bosnia-Erzegovina, della Macedonia del Nord e del Montenegro. Solo un piano complessivo e coerente che ridefinisca gli assetti nello spazio ex-jugoslavo potrà porre le basi per una pace stabile e duratura. L’Italia avrebbe le credenziali per farsi iniziatrice di un tale piano, condiviso con i principali soci europei, gli Usa, la Russia e la Turchia.
Gaetano Massara