Continua a crescere la rivolta popolare nel silenzio stampa del regime
Jiina Mahsa Amini era una giovane donna curda di Saqqez, che il 14 settembre si reca con la famiglia a Teheran per far visita a dei parenti. Nella capitale iraniana viene fermata da una delle pattuglie della polizia morale perché non indossava l’hijab nel modo corretto, dal 2017 infatti una legge non solo obbliga tutte le donne ad indossare l’hijab in pubblico, ma rende passibili di carcerazione anche le donne che non lo indossano nel modo prestabilito. Viene portata in commissariato e da lì ne uscirà solo per essere trasportata in ospedale, dove morirà poche ore dopo. La versione rilasciata dalle autorità è che la causa del decesso sia stato un attacco di cuore, ma la famiglia controbatte sottolineando l’ottimo stato di salute della ragazza. Le donne si riversano nelle strade delle città del Kurdistan iraniano e in poco tempo le proteste arrivano anche nella capitale. Il 19 settembre l’Iran International pubblica le radiografie della ragazza appena arrivata in ospedale: la presenza di un’emorragia celebrare e una frattura profonda al lato destro del cranio sono la chiara testimonianza di un pestaggio. Decine di migliaia di donne continuano a scendere per strada per protestare contro un regime misogino e ottuso che da quarant’anni opprime la libertà delle donne e di tutti i suoi cittadini. Sui social media circolano velocemente le immagini di hijab dati alle fiamme, di cariche contro la polizia, nessuna delle proteste precedenti aveva mai raggiunto queste dimensioni. Nel 2017 c’era stata una prima mobilitazione contro la legge che rendeva obbligatorio l’hijab, e così anche nel 2019 quando i cittadini erano scesi in piazza per protestare contro l’aumento del prezzo del gas. Entrambi i tumulti sono stati repressi dal regime nel sangue, nel 2019 si contano millequattrocento morti in una settimana. Ad oggi si contano sette morti accertati nelle proteste e almeno cinquecento persone incarcerate, per non parlare del numero di feriti difficile da quantificare. Le manifestazioni continuano mentre la guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei, tace pubblicamente sugli eventi, ignorandoli alla cerimonia pubblica per l’anniversario della guerra contro l’Iraq.
Aurora Mocci