AGI – L’economia cinese nel terzo trimestre è rimbalzata a un ritmo più veloce del previsto, ma la rigida politica zero Covid, il prolungato crollo del settore immobiliare e i rischi di recessione globale stanno mettendo a dura prova gli sforzi di Pechino per promuovere una robusta ripresa.
La Cina ha fissato un obiettivo di crescita per quest’anno di circa il 5,5%, molto più ottimistico delle ultime previsioni del Fondo Monetario Internazionale che stima una crescita del 3,2%, la più bassa dal 1976, ad eccezione dell’anno 2020 segnato dalla pandemia. E Pechino rischia quindi di mancare l’obiettivo annuale.
Il Pil cinese è cresciuto del 3,9% su base annua nel terzo trimestre, battendo le previsioni degli analisti nonostante il rallentamento causato dalle misure sanitarie. I dati sono stati pubblicati il giorno dopo la riconferma di Xi Jinping a capo del Partito Comunista Cinese e sono arrivati con sei giorni di ritardo, senza alcun annuncio o conferenza stampa, contrariamente alla prassi abituale.
L’uscita era prevista per martedì scorso, ma è stata rinviata all’ultimo minuto senza alcuna spiegazione. A differenza di molti Paesi che stanno scegliendo di convivere con il virus e di eliminare le restrizioni, la Cina continua a seguire una politica sanitaria inflessibile e queste misure, che spesso portano alla chiusura improvvisa di aziende e fabbriche, penalizzano le attivita’ e gli spostamenti e pesano sui consumi delle famiglie.
Nel secondo trimestre, il Pil cinese si è fermato, crescendo solo dello 0,4% su base annua, la peggiore performance dal 2020, dopo il 4,8% del primo trimestre. Ma ora “l’economia sta mostrando segni di ripresa”, ha dichiarato Zhao Tonglu, alto funzionario dell’Ufficio nazionale di statistica. Da un trimestre all’altro, il Pil è aumentato del 3,9%, un buon segno, mentre tra il primo e il secondo trimestre era diminuito del 2,6%.
Il presidente Xi Jinping ha ribadito al Congresso del Partito Comunista la validità della sua politica del Covid zero, nonostante il suo impatto sull’attivita’ economica. “Mettiamo le persone e le loro vite al primo posto”, ha detto, riferendosi al presunto lassismo delle democrazie occidentali.
La pubblicazione dei dati sulla crescita è stata accompagnata da una serie di dati economici: le vendite al dettaglio, il principale indicatore dei consumi delle famiglie, sono rallentate a settembre. Il mese scorso le vendite sono aumentate del 2,5% su base annua, rispetto al 5,4% di agosto. La produzione industriale è rimbalzata a +6,3% su base annua dal 4,2% di agosto. Infine, il tasso di disoccupazione è salito a settembre al 5,5%, rispetto al 5,3% del mese precedente.
Tuttavia, questo dato fornisce un’immagine incompleta della situazione economica: il tasso di disoccupazione in Cina è calcolato solo per gli abitanti delle città. Esclude di fatto i milioni di lavoratori migranti, che sono particolarmente vulnerabili nelle aree rurali. Molti, infatti. avevano perso il lavoro dopo la prima ondata dell’epidemia nel 2020.