Non tutti sanno che il 28 marzo si celebra il centenario della Aeronautica Militare dove si commemora l’inizio del volo organizzato da una macchina umana per il quale si è potuto rinverdire il mito di Icaro.
Una festa tutta italiana che ben a ragione si celebra perché il nostro paese un secolo fa è stato avanguardia nelle ricerche e le applicazioni per le tecniche del volo. Chiaramente, come sempre, l’utilizzo militare ha costituito un grande acceleratore affinché quelle prime intuizioni tecnologiche fossero cosa reale, non solo sperimentazione ma anche pratica attuata. Guidonia è tutta dentro questa tradizione. A Guidonia, come non è mai stato sufficientemente celebrato, si effettuarono nel nostro paese queste sperimentazioni per cui tutto il mondo guardava alla capacità dei nostri standard evolutivi.
Sembra parlare di un’altra età geologica ma si tratta solo di cento anni. Nel frattempo il livello di crescita e competenze del nostro paese è riuscito, nel migliore dei casi, a fornire materia grigia con nostre menti che emigravano altrove per collaborare ad altri progetti evolutivi in diversi comparti tecnologici.
Giusto quindi celebrare questa grande tradizione che oramai è rimasto un retaggio malinconicamente rivendicato. Giusto esporre le nostre evoluzioni nei cieli davanti a tanti turisti tedeschi e americani (pare siano i più interessati a questo livello di spettacoli). Giusto tanto più rinverdire una scuola di aeronautica militare in grado di replicare quelle gesta nell’aria.
Ci si chiede però se fosse opportuno tenere un’area così vicina ai centri abitati, come l’aeroporto di Guidonia, come sede per fare i preparativi di queste evoluzioni. È stato scritto in ogni dove che poteva andare molto peggio l’esito dell’incidente di ieri dove a Colle Fiorito è crollato dal cielo uno di questi velivoli.
E la domanda è: con quale serenità d’animo noi ci approcceremo a questa festa nazionale del 28 marzo? Con quale orgoglio potremo dirci facenti parte di una tradizione che ci vide “tras-migratori”?
Le risposte non ci sono. (Ed è questo in fondo il senso del vero domandare).