AGI – Cresce, in Italia, il fenomeno dell’isolamento giovanile a fronte di una coesione sociale sempre più debole. Quattro giovani su dieci, infatti, dichiarano di impegnare il proprio tempo libero in attività online. A praticare attività fisica è solo il 12,3% degli intervistati; le attività creative vengono svolte dal 7% dei giovani. È quanto emerge dall’indagine sul benessere fisico e mentale delle nuove generazioni a scuola, all’università e nella sfera lavorativa, presentata oggi dal Consiglio Nazionale dei Giovani in occasione della Conferenza sul Futuro della Sanità e dello Sport in Italia.
Secondo l’indagine che nasce nell’ambito dell’Osservatorio Well Fare, la piattaforma di ascolto diretto dei giovani creata dal CNG le ore spese per ciascuna delle attività sopra citate sono principalmente indirizzate al controllo dei social media (quasi il 4% dichiara di stare sulle piattaforme social più di 8 ore al giorno), a cui segue la chiamata o l’uscita con amici. L’isolamento si è poi accentuato a seguito della pandemia, a causa del distanziamento sociale (per il 15% degli intervistati).
Cosa dicono i dati
La marcata influenza dei Social Media sulla vita dei giovani e la loro costante presenza su di essi (2-5 ore al giorno) riscontra una scarsa presenza di informazioni certificate che siano immediatamente disponibili a chi le cerca. Una scarsa health literacy comporta problemi legati alla corretta ricerca e interpretazione delle informazioni e alla diffusione di fake news.
Per quanto riguarda i giovani, emerge che circa uno su due (49%) lamenta la mancanza di un’opportuna assistenza psicologica con la quasi totalità del campione che riporta di risentire fortemente dei livelli di pressione anche all’interno della dimensione scolastica in riferimento all’ottenimento di buoni voti. Diversi, invece, i dati relativi al campione formato dal mondo accademico, dove gli sportelli di supporto psicologico sono alquanto ridotti rispetto alle scuole, risultando assenti per tre rispondenti su dieci.
Qui la pressione è particolarmente sentita in relazione a un legame fortemente negativo con il proprio docente (questo vale per la metà degli intervistati), a cui segue il peso di dover socializzare con i compagni di corso solo al fine di mantenere delle buone relazioni professionali future (dato manifestato da più di tre universitari su dieci).
Infine, rispetto alla dimensione lavorativa, circa sei giovani lavoratori su dieci dichiara di aver sofferto di disagi perlopiù emotivi, ma anche fisici (nel 13% dei casi) sul luogo di lavoro, dovuti a esaurimenti emotivi da burnout o all’estrema pressione associata al carico di richieste di lavoro sui dispositivi mobili personali, che possono giungere in qualsiasi momento.
Si tratta di un dato in linea con le motivazioni che spingono alla Great Resignation di questi anni, ovvero quel fenomeno per cui sempre più persone stanno abbandonando il proprio posto di lavoro a causa di una mancata sensazione di realizzazione personale, un ambiente di lavoro tossico, orari di lavoro troppo rigidi, scarsa flessibilità e mancanza di equilibrio tra lavoro e vita privata.
La figura dello ‘psicologo di comunità’
“Alla luce di queste evidenze, i giovani hanno espresso un giudizio molto positivo per la figura dello psicologo di famiglia, motivo per il quale oggi lanciamo la proposta dell’istituzione di uno Psicologo di Comunità da inserire all’interno delle Case di Comunità prevista dal DM 77 – ha dichiarato Maria Cristina Pisani, Presidente CNG – La società dei record straordinari, raccontati come ordinari, crea infatti una pericolosa distopia tra il reale e il percepito, che può portare a una serie di problemi come depressione, isolamento sociale o dipendenza comportamentale nel loro uso”.
Per contrastare lo stress e l’ansia “i giovani adottano diversi e svariati comportamenti, ma per lo più accomunati dal conforto nel cibo, mangiato in quantità più che necessaria. Lavorare sul benessere delle giovani generazioni è necessario al fine di coltivare lo sviluppo e la crescita del nostro Paese. Per questo motivo riteniamo urgente aumentare la rete di assistenza sul territorio a supporto del contrasto ai disturbi dell’alimentazione. L’importanza della salute raggiunta negli spazi in cui si vive dimostrano come la questione del disagio giovanile proviene anche da quel senso di noncuranza, e a volte inadeguatezza, dei luoghi che alcuni contesti sociali lasciano intravedere”.
Tra le proposte lanciate dal CNG per contrastare i disagi giovanili vi e’ quindi innanzitutto la necessita’ di rendere strutturali programmi di prevenzione nelle scuole (es. educazione alimentare ed educazione ai social media) per intercettare il disagio in tempo, oltre a quella di modificare e integrare i piani di formazione dei docenti preposti all’orientamento degli allievi, al fine di accompagnare nei giusti percorsi e non sottovalutare i problemi manifestati dai giovani.
Per il Consiglio Nazionale dei Giovani è quindi fondamentale l’introduzione e il potenziamento di figure specializzate nel supporto psicologico, per i ragazzi, come, appunto, lo Psicologo di Comunita’, prevedendo una figura pivot stabile per il supporto psicologico all’interno delle Case della Comunità e della rete di assistenza territoriale.