ב – Il volume mastodontico nelle quantità e dimensioni, della funzionalità pornografica della figura femminile che emerge dal web, (la sola costante atmosfera attraverso la quale da ormai trent’anni “nuotiamo”, per dirla con termini assonanti alla nostra società liquida, e nella quale chi oggi ha appunto trent’anni si è interamente formato), dove la capacità creativa e genitrice della donna, insieme a quella di pensare e esprimere i propri pensieri non vengono neanche contemplate perché “non utili”, figuriamoci “necessarie” – per lasciare invece spazi sahariani a involucri femminili di bell’aspetto e orribilmente vuoti, insieme, sembra avere occupato ogni cosa da qui a lì, da sopra a sotto: che l’idea di rendere reale una maternità, permettere a quelle forme femminili di “mostrare altro” di loro, realizzando l’esperienza del “consegnare la Vita” e mettendo a nudo questi adulti di circostanza – anche l’uomo, questa volta – di fronte all’essere responsabile di un’altra vita, siano dinamiche ormai collocate nel centilitro appena successivo al trentatreesimo – quello non contenibile – di una lattina qualsiasi di bibita?
L’immagine “inaccettabile” della donna, che mostra altre forme di donna che esulano, (proprio per questo esecrabili), dalla coscia – e dalla fica – capaci queste “altre forme di donna”, di suscitare in noi e sprofondarci in abissali paure, esiste.
La Tragedia è sempre la reazione più sproporzionata, alle contingenze che l’hanno sollecitata; e non permette un ‘tornare indietro‘. Non si può; non appartiene alla sua dimensione, che appena un istante dopo essersi celebrata, tutti lascia sgomenti, di fronte – o in mezzo, per chi l’ha vissuta – a Lei. Rendendo solo dimostrabile nei dettagli l’impotenza di tutti noi: omini chi laureati, chi no; chi impiegati in questa o quella azienda, con i nostri nomi che descrivono le origini delle realtà che ci hanno contenuto sino ad oggi: chi si chiama Pietro, chi Carlo, chi Simone. Chi Alessandro Impagnatiello.
Ma questa leva rovente e dura che in un giorno qualunque, a Milano si sposta decisa, e lascia che un treno pronosticato su quel tragitto, e a quella velocità ben gestibile sullo stesso, si sposti scagliandosi su un altro binario, e lo percorra tutto – e a tutta velocità, questa volta – senza possibilità appunto, di tornare indietro, cosa l’ha tirata? Quale la mano, che l’ha abbassata, di colpo?
La capacità di 33cl della lattina di Coca-Cola verso cui tutti hanno familiarità,
indica la possibilità per quell’item di alluminio di contenere quella data quantità di bevanda. Ma di fronte ad appena 1cl in più, quella lattina si dimostrerebbe “incapace di contenere”. E si romperebbe – irrimediabilmente.
La maternità che non permette più di vedere coincidere la figura femminile occidentale alla porno-immagine quasi monouso della donna, di fronte alla quale basterebbe tutto sommato rialzarsi la zip, afferrare le chiavi e dileguarsi senza più “nulla dover”, suscita paura. Parrebbe in Italia, non essere più contenibile.
E se questa realtà di mondo ormai così costituita, prevedesse in caso di abissali paure di questi omini qualunque, (non poi così diversi da tutti noi), esattamente la celebrazione di queste tragedie come moduli di comunicazione? Che stranamente stanno avvenendo con una regolarità ormai “puntuale”. E se non fosse socialmente accettabile attraverso le coordinate espressive che quotidianamente noi adoperiamo per verbalizzare, al punto di arrivare a percepire di nascosto da chiunque, accettabile, invece, l’idea di uccidere la donna che non è più un innocuo involucro vuoto, non più il “tratto” di un semplice segno, (maschio o femmina apposto sulla porta di una toilette): ma un significato vivo, presente e pulsante?
E l’incapacità di Agave di esprimere nella vita a Tebe, insieme alle altre baccanti – menadi per una notte – l’esistenza della dissolutezza, e del divino in Dioniso? E assumerselo, come dato da accettare – e basta! E arrivare a scannare il proprio figlio, sollevandone la testa sul tirso di rientro a palazzo, tra i primi corpuscoli di luce dell’aurora?
E tra quegli infiniti corpuscoli – infinitamente minuscoli – iniziare a vedere. E sentire tra il loro volteggiare irregolare; e iniziare a riconoscere l’errore tragico e sproporzionato, che si è irrimediabilmente commesso – ל.
F.B.