AGI – Laghi e fiumi in forte sofferenza minacciati dagli effetti sempre più impattanti della crisi climatica come siccità, alluvioni e ondate di calore. A fare il punto i nuovi dati dell’Osservatorio Città Clima di Legambiente che l’associazione ambientalista diffonde oggi alla vigilia della mobilitazione europea ‘Big Jump’ 2023 dedicata alla tutela dei corsi d’acqua. Negli ultimi due anni, dal 2022 a luglio 2023, in Italia sono stati 21 i fiumi e 10 i laghi a essere colpiti dalla siccità.
Tra questi per i fiumi: Po, Sesia, Pellice, Bormida, Adige, Tagliamento, Bisenzio, Ombrone, Tevere, Chienti, Metauro, Misa (questi ultimi due sono anche tra quelli ripetutamente esondati negli eventi alluvionali del 2022 e 2023). Per i laghi: il Lago Maggiore, quello di Como, Garda, Fedaia, Massaciuccoli, Nemi, Bracciano. Se si guarda ai singoli anni e alla tipologia di eventi climatici estremi, nei primi sei mesi del 2023 nella Penisola sono stati 12 gli eventi siccitosi che hanno colpito laghi e fiumi, 22 quelli nel 2022. Ammontano, invece, a 28 le esondazioni censite da inizio anno da Legambiente, contro le 21 del 2022. A pesare le due alluvioni di inizio e metà maggio in Romagna e nel nord delle Marche.
Il bilancio di 13 anni
Preoccupante anche il bilancio degli ultimi 13 anni: dal 2010 ad oggi sono 231 casi di esondazioni fluviali, ben il 13,3% di tutti gli eventi estremi registrati sulla piattaforma. Le Regioni che hanno visto un maggior numero di esondazioni sono Emilia-Romagna (39 eventi), Lombardia (38), Sicilia (24), Piemonte (18), Liguria (17). Gli eventi di siccità, invece, che hanno colpito fiumi e laghi dal 2010 sono stati 49, che sul totale di casi di danni da siccità prolungata (79 eventi) sono pari al 62%. Le regioni con più casi: Lombardia (17), Piemonte (7), Veneto e Emilia-Romagna (5 ciascuna). Un quadro preoccupante sui cui, per Legambiente, occorre al più presto intervenire.
Proprio per tenere alta l’attenzione di cittadini e istituzioni sulla necessità di mitigare gli impatti crescenti della crisi climatica, di proteggere e ripristinare i nostri fiumi e in generale i sistemi di acqua dolce, di ridare spazio e riqualificare i corsi d’acqua di tutelare la biodiversità, anche quest’anno l’associazione ambientalista aderisce al ‘Big Jump’, la campagna dell’European Rivers Network, con una serie di iniziative organizzate dai suoi circoli territoriali lungo la Penisola.
Dal Piemonte alla Valle D’Aosta, dall’Emilia Romagna alla Campania alla Lombardia tutti uniti per un ‘grande tuffo’ simbolico che lega i corsi d’acqua d’Europa. Un evento che si ripete dal 2002 e che complessivamente ha visto la partecipazione di circa 200.000 persone con oltre 2.000 eventi in 34 Paesi. In occasione del ‘Big Jump’, Legambiente rilancerà le sue richieste per frenare gli effetti della crisi climatica e inviterà tutti a tuffarsi per chiedere con forza l’approvazione in via definitiva del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc), attualmente in fase di valutazione ambientale strategica, e la costituzione di un Osservatorio nazionale per l’adattamento ai cambiamenti climatici, uno dei tasselli cruciali per l’attuazione del Piano e l’operatività delle azioni previste. Da questo passaggio dipende la messa a terra e l’efficacia del piano su tutto il territorio.
Gli interventi da fare
In tema di acque interne, l’associazione ambientalista chiede che l’Italia punti a progetti e interventi per favorire processi di rinaturalizzazione idrologica dei bacini e geomorfologica dei versanti per ridare spazio ai corsi d’acqua, rallentare la velocità della corrente e favorire l’infiltrazione naturale dell’acqua e la ricarica delle falde acquifere attraverso progetti di river restoration e nature based solution. Importanti, inoltre, quelle misure contenute nel Pnacc rispondenti all’impegno da parte del Governo per contribuire all’obiettivo della Strategia europea per la biodiversità di riconnettere e riqualificare 25000 km di fiumi in Europa con l’individuazione dei corsi d’acqua italiani che maggiormente sono stati artificializzati. “Gli impatti della crisi climatica sono sempre più crescenti ed evidenti sui nostri territori causando ingenti danni all’ambiente, all’economia del Paese, e perdite di vite umane – ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente – con il ‘Big Jump’ vogliamo tornare a ribadire l’urgenza di un cambio di rotta immediato.
L’anno nero
Al Governo Meloni chiediamo un’assunzione di responsabilità con interventi concreti a partire dall’approvazione del Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici e lo stanziamento delle risorse per attuarlo e l’aggiornamento del Pniec, che deve essere approvato entro un anno e la cui prima bozza inviata a Bruxelles è decisamente poco ambiziosa. Senza dimenticare che il Paese ha bisogno di più politiche territoriali di prevenzione e campagne informative di convivenza con il rischio per evitare che il Paese rincorra sempre l’emergenza e sia interessato dall’ennesima tragedia”.
Ma Legambiente sottolinea che non c’è solo un’emergenza alluvioni e siccità, ma anche quello legato alle ondate di calore. Le temperature globali hanno accelerato a livelli record nelle ultime settimane e – a distanza di sette anni dall’ultimo evento – torna a far parlare di sé ‘El Nino’, un fenomeno atmosferico che potrebbe spingere il 2023 a diventare l’anno più caldo mai registrato. Già il 2022 è stato un ‘anno nero’ per le ondate di calore, come sottolinea il dossier del ministero della Salute pubblicato a novembre 2022 che ha evidenziato come nel mese di luglio la mortalità sia aumentata mediamente del 29% toccando il picco del 36% nella seconda metà del mese.
Tra le città maggiormente colpite Torino con un eccesso di mortalità pari al +70%, a cui segue Campobasso (+69%), Bari (+60%) e Bolzano (+59%). Solo nel 2022 sono stati oltre 2.300 i decessi in Italia dovuti alle ondate di calore, secondo le analisi del ministero della Salute e del dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio, in crescita rispetto ai 1.472 del 2021 e ai 685 del 2020.
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Massimiliano Pirandola