La prima grande avversione ha riempito il chiacchiericcio estivo. La seconda si annuncia allo stesso modo per similari motivi: l’inopportunità da parte di personaggi facenti parte di un ordine e grado di evidenziare le proprie idee se trattasi di idee unilaterali, non riguardanti la generalità della materia di cui trattano. Con l’espressione “unilaterali” si intendono idee non afferenti a questioni di forma o di natura logica. Bensì prese di posizione vere e proprie.
Tutti sanno che Vannacci l’ha fatto con un libro nel quale ha esposto sue idee inerenti l’esser minoritarie le prospettive omosessuali e l’improbabilità di assurgere, con questo essere minoranza, a prassi naturale.
La giudice Apostolico, in effetti, non ha fatto niente di similare. Si è esposta per una sentenza che va in converso a una determinazione del Consiglio dei Ministri (annullandola di fatto) relativa alla necessità di dotare di una garanzia economica pari a cinquemila euro da parte dell’immigrato che vorrebbe evitare il centro di permanenza per i rimpatri. La stessa giudice però è stata ripresa anni fa in una manifestazione contro Matteo Salvini, al tempo ministro degli interni. Anche in questo caso, quindi, la giudice ha manifestato apertamente i suoi convincimenti politici partecipando a una manifestazione pubblica. Il comportamento a destra è considerato improprio per un magistrato. Allo stesso modo, a sinistra, è considerato improprio per un militare mettere nero su bianco idee così unilaterali ed estreme.
Il gioco delle parti vuole che ciascuno dei due schieramenti si faccia guerra utilizzando il generale o ‘la magistrata’ come vessillo e come obiettivo da abbattere.
In mezzo c’è la libertà di espressione e l’altrettanta libertà di esperirla in manifestazioni pubbliche o in altre forme libere di espressione. Questo deve valere per ciascun cittadino. Nessuno escluso. (Non dovrebbe servire citare stancamente la Costituzione per affermare un principio di questo genere). Benissimo. E allora se vale per ‘la magistrata’ perché non deve valere per Vannacci?
Nel dibattito nessuno riesce a chiarire un elemento di sostanza che aggiunge alla contumelia un ragionamento di ragion pratica. Fatto salvo che ciascuno può esprimere il proprio convincimento, diventa, per tutela di alcune figure professionali, non esprimerlo pubblicamente a chiare lettere. Questo perché detto ragionamento potrebbe andare a rendere la propria azione come sospetta o mancante di obiettività. Sarebbe facile infatti – come in effetti avviene – accusare di parzialità l’esponente di un corpo specifico del funzionamento dello Stato in quanto avente fatto prevalere l’unilateralità del suo punto di vista e non del diritto applicato. Sarebbe quindi accusato di essersi mosso diversamente dall’ordine generale e universale da quale deve prendere ispirazione la sua attività. Anche quest’ultima ispirazione arriva alle medesime conclusioni.
Ma il consiglio di evitare ogni attestazione della propria parzialità avviene proprio in difesa del rappresentante dello Stato. Unilateralità e generalità potrebbero arrivare alle stesse conclusioni. Ma nel momento che la componente unilaterale è stata chiaramente espressa nessuno potrebbe dimostrare l’origine della decisione sia presa per motivi di ordine generale. Quindi la sospensione della manifestazione pubblica del proprio giudizio va a garanzia dell’alto funzionario di Stato. Non a detrimento.
Ma questo nell’Italia degli Orazi e Curiazi non avviene. C’è da sperare di non trovarsi nel ruolo di inseguitori per timore di non trovarsi eliminati dall’avversario che si credeva in fuga.
(L’esempio è ispirato alla centralità della grandezza di Roma, non dell’Impero Romano come usa dire in questi giorni).