AGI – È rientrato lunedì sera a Gerusalemme il patriarca latino, il cardinale Pierbattista Pizzaballa. Raggiunto dall’AGI telefonicamente, esprime il suo dolore per la situazione terribile che si sta vivendo in Medio Oriente e sottolinea che la stabilità non potrà tornare nella zona “finchè non si risolve la questione palestinese”.
Il Papa ha oggi, al termine dell’Angelus lanciato un forte appello “che gli ostaggi vengano rilasciati e che finisca l’assedio totale a Gaza, che si torni a un minimo di ragionevolezza. Che si torni al dialogo“.
Nella voce del neo cardinale si percepisce la gravità e l’impotenza che si vivono nel Paese. “La rabbia ha accecato tutti, occorre tornare a dialogare tutti anche se mi sembra molto difficile”. Il cardinale appare molto provato dalla violenza cieca di questi giorni, non solo nei kibbutz in Israele.
“È orribile. Purtroppo anche a Gaza ci sono dei bambini morti nei bombardamenti. Ciascuno, palestinesi e israeliani vede tutto dalla propria prospettiva. Non sto giustificando, sia ben chiaro. Dico solo che è una tragedia che crea altre tragedie”.
Può descrivere la situazione a Gerusalemme? “Sono tornato l’altro ieri. La situazione a Gerusalemme è di grande tensione. Molte attività sono sospese, come le scuole. Vi è molto nervosismo, dappertutto. Ci sono qua e là scontri tra palestinesi e israeliani. È una situazione di grande tensione”.
La comunità cristiana di Gaza sta bene
Ha notizie della comunità cristiana di Gaza? “I cristiani stanno fisicamente tutti bene. Gran parte, non tutti, si sono riuniti nel complesso della Sacra Famiglia per sostenersi e aiutarsi l’un l’altro ma è chiaro che la situazione è molto pesante perchè i bombardamenti sono pesantissimi. Ci sono interi quartieri distrutti”.
Eminenza, Lei ha in passato aveva evidenziato un’escalation di violenza in Medio Oriente… “Purtroppo sono stato facile profeta ma mai avrei previsto una cosa del genere. Un aumento della violenza l’avevo percepito visitando i Territori perchè si avvertivano segnali di grande stanchezza della situazione”.
Lavorare per una de-escalation
“La comunità internazionale – aggiunge – deve cercare di convincere le parti a una de-escalation, a calmare la situazione e fermare questa spirale di violenza sempre maggiore che crea distruzione su distruzione, odio su odio. Ma finchè non si affronterà la situazione palestinese, la stabilità non tornerà in questa zona”.
“Non ha molto senso parlare ora di pace. Bisogna parlare di stabilità. Parlare di ricostruire, cercare di ricostruire un minimo di fiducia tra le parti. La pace viene dopo, non prima”.
Pizzaballa precisa anche che “ci sono contatti e si cerca di mantenere contatti con tutti ma in questo momento – ribadisce – è molto difficile perchè siamo in un momento di reazione immediata, con tanta rabbia. Forse bisogna attendere qualche giorno”.
“In questo momento l’assedio è totale”, prosegue. “Hanno bloccato acqua, elettricità e gasolio. È impossibile entrare o uscire da Gaza. Forse attraverso la Croce Rossa o la Mezza Luna Rossa si riesce a entrare per i casi umanitari gravi”.
Impossibile comunicare con Gaza
“Io non so nulla al momento perchè tutte le comunicazioni sono bloccate. Abbiamo dei presidi a Gaza della Caritas Gerusalemme ma non possiamo comunicare fisicamente con loro. Forse tra qualche giorno sarà più chiaro vedere se si potrà fare qualcosa. Ora è ancora presto. Bisogna attendere qualche giorno”.
“La guerra è una sconfitta di tutti. Nessuno guadagna dalla guerra. Questa guerra lascerà enormi ferite, distruzione fisica ma anche ferite profonde nell’animo delle popolazioni e sfiducia, che non costruiranno nulla e cancelleranno ogni forma di futuro”, è la sua amara constatazione. Ritorna alla mente l’enciclica Pacem in terris.
“È stato un documento di sessant’anni fa che parlava di pace in un contesto globale, divisione globale, integrale. Sembra scritta ieri per quanto sia attuale ancora oggi ma siamo ancora all’inizio di questa strada almeno qui in Terra Santa”.
“La pace non è soltanto l’accordo diplomatico, non la fanno solo i diplomatici e i politici. La pace richiede anche lo sforzo da parte dei religiosi, dell’economia. Non ci può essere pace se non c’è un’uguaglianza dei diritti, se non c’è una serenità economica. La pace richiede tutto questo”.