IL rischio della grande reunion dei Sette Grandi consiste nel fatto che si concluda tutto in una passerella mediatica. A non fare questa fine ci debbono pensare tre grandi fattori. Il paese ospitante, innanzitutto. Chi dirige la scena deve indirizzare temi e interlocutori dando un canovaccio metodologico nella discussione che imponga poi una vera scelta condivisa. La seconda condizione consiste nella scelta del tema centrale indicato. IN questo caso sarà: L’Africa e il tema delle migrazioni saranno centrali. Centralissimo. Dopo la sostanziale indisponibilità dell’Unione Europea di risolvere dimostrata nella non volontà di modificare il Trattato di Dublino, dovranno essere i paesi più industrializzati del mondo a pronunciarsi per l’Africa effettuando quel famoso motto: “aiutiamoli a casa loro”. Il problema però è che potrebbe essere troppo tardi. Ma l’altro problema è che il convitato di pietra sempre presente in queste grandi riunioni, la Cina, potrebbe averci già pensato a modo suo. E in questo caso sarebbe indisponibile a condividere alcunché. Ma il terzo ostacolo, il più grande di tutti, consiste nella preparazione degli obiettivi effettivi a cui si intende arrivare. Ovviamente con tanto di interlocutori non si può pensare a predisporre un copione per loro, tantomeno si può prospettare un finale già scritto. Semplicemente nel lavoro di diplomazia che si predispone fino all’inizio della data fatidica si deve pensare ai protagonisti, ai loro interessi, alla loro logica, e predisporre delle soluzioni sulle quali si possa trovare convergenza.
La valle d’Itria a Borgo Egnazia non ha mai visto tanto di interlocutori. L’Africa e le migrazioni potrebbero essere già arrivate in lì e comunque essere superata la questione dalla realtà storica che si vive. Ma non provarci sarebbe una colpa ancora più grande.