L’ex vicepresidente parlamento europeo va Quarta Repubblica, su Retequattro, e probabilmente ha iniziato a tessere una rete di contatti coi media al fine di riabilitare la sua immagine, innanzitutto. Dopo di che, tentare anche la via della comunicazione per perorare le sue legittime ragioni sul processo intentato a suo carico per corruzione.
– Eva Kaili, quarantacinqenne, bellissima. Su di lei – ci consentiamo una boutade di leggerezza – potrebbe essere giocata la motivazione che fu del personaggio interpretato da Vittorio De Sica nei panni dell’avvocato dove per scagionare la bellissima assistita – Gina Lollobrigida – chiedeva il proscioglimento in quanto maggiorata fisica. E ciò in pendant alla liberatoria dell’essere minorato mentale –
La battuta di alleggerimento però è anche funzionale alla presentazione di un personaggio, quale è lei, che si presenta in modo molto forte alle telecamere. La donna parla dell’inchiesta Qatargate in toni molto chiari e netti. E nel difendersi accusa: “Credo che in questa indagine ci siano state delle palesi violazioni della legge europea, mancano del tutto la presunzione di innocenza e l’imparzialità dei magistrati. Sono emersi legami dei giudici con la massoneria, conflitti di interesse, non ci sono state le garanzie che esistono in Italia. Qui c’è stata e c’è solo la presunzione di colpevolezza”.
Chiaramente: “Dimostrerò la mia innocenza, non ci sono prove delle accuse”. Ma poi emerge il lato drammatico che si estende a ogni magistratura di fatto inquirente: “Per farmi pressione i primi giorni mi hanno detto che mia figlia sarebbe stata affidata ai servizi sociali. Per portarmi a confessare qualcosa che non ho commesso”.
La riflessione da fare è che se è accaduto a Kaili, vicepresidente del parlamento europeo, cosa potrebbe succedere a un cittadino comune? Il carcere preventivo: “inaccettabile”. Ma poi contrattacca conto il giudice che sarebbe incompatibile col suo ruolo. “Ci sono delle persone – ha detto sempre Kaili – connesse al conflitto di interesse per cui si è ritirato il giudice istruttore Michel Claise, che non sono state coinvolte in questa indagine, né arrestate né interrogate. Chiediamoci per quale motivo”. E poi le mire politiche rese esplicite, lo rendono in una posizione di poca credibilità.
Kaili fu inquisita con la prova di aver trovato del contante a casa sua, la cui provenienza derivava – secondo la tesi accusatoria – da proventi acquisiti da autorità del Qatar al fine di facilitare le relazioni tra l’Europa e il paese arabo. Nacque così l’espressione Qatargate. Tutto è successo a fine 2022. La sentenza non è stata ancora emessa.