Con la protesta dei coltivatori che scendono per le grandi arterie dei rispettivi paesi per protestare contro le misure di schiacciamento del mercato si evidenzia il più grande dei paradossi dell’Unione Europea. L’Europa sono proprio quei coltivatori che contestano l’Unione.
La dimostrazione, anche, ha un carattere emblematico nelle disfunzioni del continente che prova, non riuscendoci, a governare sé stesso. L’Unione Europea chiama al mercato e combatte forme di annullamento della concorrenza. Nasce proprio come forza coese per combattere le grandi concentrazioni che decidono il bello e il brutto tempo. Non riuscendoci. Quando però si trova a governare una miriade di grandi processi si pone come livellatrice del mercato, imponendo tasse e un calmiere improbabile dei prezzi.
Questo è successo e sta succedendo all’agricoltura. La risposta arriva a ridosso di una grande crisi inflattiva dalla quale ci si aspettava un governo delle cose reali diverso. Ma non può avvenire in Europa perché non trattasi di amministrazione di persone e cose sulle quali si avverte un livello di prossimità. Tutto è incorporeo a Bruxelles. Si rischia un aumento dei prezzi dei beni di prima necessità e allora si impongono delle condizioni. Ma a queste condizioni gli operatori non possono lavorare.
E non c’è destra o sinistra in questa contraddizione reale. C’è solo il nuovo esempio della crisi materiale della democrazia come forma di governo in grado di stabilire pari opportunità e accesso a condizioni di praticabilità del lavoro e del legittimo ristoro economico. Non avvengono né l’uno né l’altro.
La contestazione nata in Germania si è riprodotta in Francia coi caratteri apocalittici che i francesi riescono giustamente a dare quando con serietà abbracciano una causa. Non poteva mancare in Italia. E non si tratta di governi in carica nelle rispettive realtà. Si tratta di una forma di governo incapace di dare una regola alla realtà effettuale riuscendo a trattare tutto come fossero numeri da calmierare. Come se dietro non ci fossero vere contraddizioni. Lavoro reale. Giuste aspirazioni di chi se ne fa protagonista.
Le questioni nello specifico per le quali sono state sollecitate le proteste si muovono tutte in conseguenza delle contraddizioni della pre-tesa di governare processi sui quali non c’è mano pubblica in grado di dare una direzione e un indirizzo. Solo dettare le regole del gioco, anche se la loro applicazione rende la prassi innaturale.
Ennesima prova che una struttura governativa dei processi reali a Bruxelles non esiste. Solo la misura del contenimento dei danni peggiori che potrebbero derivare da danni alla moneta possono essere relativamente garantiti. Il contenimento della credibilità nelle diverse istituzioni statali tali da poter rifondere le obbligazioni di Stato nazionali. Per questo è nata l’Unione e questo riesce a fare. Non parliamo di governo della cosa pubblica. Non è cosa! Non parliamo di difesa dei confini e della sicurezza interna ed esterna. Lì ciascuno ha una sua direzione e cerca di farsi bello coi partner più forti.
È una triste storia quella della nazione che pretende ancora di dare lezioni al mondo di garantismo, liberalità e democrazia. Ha ancora tanto da imparare, invece.