Le quaranta ore in vigenza oggi dovrebbero ridursi a trentadue. Praticamente un giorno di lavoro a settimana in meno. Recuperare spazi di vita e armonia nell’esistenza al di fuori del lavoro. L’idea è antica. Fustigata, centrifugata e resa inattuale dal ventennio di liberismo post-thatcheriano è stata rispolverata dal leader dei Cinquestelle.
L’idea è quella conosciuta e recuperata da Giuseppe Conte: “aumenta la soddisfazione dei dipendenti e il livello di produttività dell’azienda ed ha anche vantaggi dal punto di vista ambientale”. Chiaramente lanciata su Facebook, agenzia delle agenzie stampa del mondo.
Come rilevato già dallo stesso ex presidente del Consiglio che ha rispolverato l’idea di “lavorare meno lavorare tutti”, “alcuni contratti aziendali, in Italia e non soltanto, stanno già prevedendo la possibilità di articolare la prestazione lavorativa su soli quattro giorni settimanali: è una prassi ancora limitata, ma che si rispecchia nella tendenza a lasciare ai lavoratori più tempo per sé, nel rispetto della conciliazione tra vita e lavoro e soprattutto nella consapevolezza della condivisione di progetti e della valorizzazione di risultati per il benessere delle persone, per cui la responsabilità, la fiducia e l’organizzazione sono riconosciute, al pari della paga oraria, come valori economici e professionali della prestazione lavorativa stessa”. (Secondo quanto riportano le agenzie).
Ma in più c’è una considerazione assai più attuale che rinverdisce la vecchia proposta. “I lavoratori – dice sempre Conte – sono usciti dalla pandemia con un’idea molto diversa di qualità della vita”. E ancora: ”sempre più imprese si rendono conto che un lavoro a orario ridotto, ma concentrato sugli obiettivi da raggiungere, è il modo migliore per avere un vantaggio competitivo”.
(La retorica di Conte però non considera la verità-vera della realtà insita nel lavoro a casa consistente nel fatto che si lavorano più ore e in questo modo si aumenta la produttività anche per un complesso di colpa del lavoratore che non si muove da casa per recarsi sul luogo del lavoro. Ma anche il fatto che questa riforma è possibile solo in alcune categorie professionali).
Regno Unito, Belgio e Spagna pare abbiano già sperimentato la soluzione delle ore in meno. L’orario ridotto al lavoro è divenuto in tutta Europa una base negoziale, se non una pratica attuata. C’è una risposta anche in termini di produttività. Non è sempre vero, infatti, insiste Conte che più lavoro significhi maggiore produzione espressa. “I dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sulle ore lavorate smentiscono molti luoghi comuni e danno riscontro di come, oltre un certo limite, lavorare molte ore comporti invece una drastica riduzione della produttività” – sempre secondo quanto riportato da Conte.
AI datori di lavoro, finalizzato ad incentivare questa pratica, la proposta di Conte prevede di esonerare dal versamento dei contributi previdenziali e assicurativi dei lavoratori – con limite di ottomila euro l’anno. Si stabilisce anche un tetto di spesa massimo per questa possibilità. Consiste in duecentocinquanta milioni ogni anno. Così l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale potrà contenere la spesa e laddove emergesse, superando il limite, avrebbe la disposizione di bloccare le richieste.
Rinverdendo il vecchio repertorio progressista continua la gara col PD su chi è più di sinistra.